Al di là dei commenti, basta dare uno sguardo alla tabella delle variazioni settimanali per capire subito che è stata sicuramente la peggiore settimana dell’anno per i mercati mondiali, ed una delle peggiori degli ultimi 4 anni.
La miccia innescatasi in Asia dopo la svalutazione dello yuan ha contagiato anche Europa, Usa e Giappone, che avevano tentato di difendersi la settimana precedente.
Molti supporti di medio periodo sono stati rotti al ribasso su diversi indici mondiali, e le vendite sono arrivate su tutte le classi di asset (azioni, materie prime e molto obbligazionario), confermando il noto fenomeno di aumento della correlazione intermarket quando si va all’ingiù.
Veloce e profonda correzione (probabilmente non ancora terminata) o solo l’inizio di un ciclo ribassista pluriennale? Come sempre impossibile dirlo a priori: abbiamo visto una fase simile su molti emergenti nell’estate 2013, poi pienamente recuperata. Ora c’è un po’ meno ottimismo in giro, e per qualche tempo suggerirei di operare al rialzo sugli indici solo per trading, cioè con operazioni di più breve tenuta temporale.
Usa: ci lamentavamo degli scarsi segnali dell’S&P 500, ecco che ne arriva uno ricco di (negative) novità. Quasi 6% di decremento e rottura sia del supporto di 2040 che teneva da 6 mesi, sia della trend line rialzista che supportava il pluriennale rialzo dell’indice principale. I verbali della FED non chiariscono le intenzioni sui tassi, ma certo la probabilità di un immediato aumento in queste condizioni macroeconomiche sembrano diminuire. Prezzi ora su un ulteriore livello di supporto (1970) ma più probabile che magari dopo un veloce rimbalzo si possa approdare al test di area 1822, minimi di ottobre scorso.
Europa: tutti attorno al -6% i principali indici, con un picco del Dax a -7,8%. L’approvazione del piano di aiuti alla Grecia è stata inficiata dalle dimissioni di Tsipras, che potrebbe portare a nuove elezioni e quindi a nuova instabilità e nuovi dubbi sul programma greco. I non brillantissimi dati macro giunti finora non permettono ancora all’Europa di camminare sulle proprie gambe, rendendola più vulnerabile al contesto generale. Dax che rompe al ribasso i minimi di luglio, concretizzando la possibilità di una seconda gamba ribassista, con primo target in area 9700 ormai non lontano. Trend line rialzista di medio periodo non ancora a rischio, ma praticamente annullati i guadagni post QE
A rischio invece il trend della Spagna, nonostante sia il paese che ha probabilmente mostrato i migliori progressi macroeconomici nel periodo. Rottura al ribasso della trend line rialzista e possibile obiettivo in area 9600, che tiene ancora in piedi il ciclo rialzista. Solo una chiusura settimanale oltre 10.850 allenterebbe l’attuale pressione ribassista.
Italia: non ha tenuto area 22.000, lasciando lo spazio aperto per ulteriori minimi settimanali. Il trend rialzista di medio periodo non è stato intaccato e rimane uno degli indici meglio impostati, ancora da privilegiare nelle fasi rialziste. Chiusura a 21750 ed oscillatori giornalieri prossimi all’ipervenduto (quindi atteso a breve un rimbalzo), ma quota 21.000 dovrebbe essere nelle corde. Segnalo che il livello che tiene attivo il canale rialzista dai minimi del 2012 passa ora attorno ai 20.000 punti
Asia: tutta in negativo, senza eccezioni. Shangai soffre di più con un brutto -11,9% settimanale, pesa un nuovo dato macro sotto le attese (indice PMI a 47,1, minimi da 6 anni) e si ritorna in prossimità dei minimi di Luglio. Cede anche il Giappone, che benissimo aveva tenuto finora. Altro mercato questo da privilegiare nelle fasi rialziste, con prezzi attualmente vicini ai primi supporti (18.900) e supporti più rilevanti in area 17900.
Indice Turco che paga anche l’instabilità politica, che porterà a nuove elezioni in autunno. Indice che non è riuscito quest’anno a fare nuovi massimi storici ed ha cominciato ad indebolirsi, chiudendo la settimana proprio sulla trendline rialzista di lungo periodo.
Corea che si aggiunge ai paesi che mostrano rottura al ribasso della trend line rialzista (seppur debole nel caso specifico)
Latin america: chiudono male Brasile e Messico, ma tutto sommato contengono le perdite sotto il -4%. Il contesto è ovviamente differente per il Bovespa, da tempo impegnato in una quasi solitaria fase ribassista tra gli indici principali. Prezzi in prossimità di un forte supporto a 44.000 (chiusura 44.700), che potrebbe nel breve porre qualche freno al cedimento dei prezzi.
Metalli: naturalmente fase positiva per l’Oro, protagonista della settimana con +4%. Prezzi sulla prima resistenza dinamica, in caso di rottura al rialzo spazio almeno fino a 1200. Nuovi minimi a 5 anni per tutti i metalli industriali che soffrono i timori (le quasi certezze ormai) di rallentamento della Cina
Agricoli: stabili i Grains che oscillano attorno alla parità, forte indietreggiamento del Caffè dopo il segnale rialzista della scorsa settimana. Brusche oscillazioni come di consueto per questo asset, ma segnale rialzista ancora valido a meno di una chiusura settimanale sotto 123 (e target teorico in area 146).
Energia: ancora nuovo aumento delle scorte e ancora nuovi minimi per il Petrolio. Siamo a 40 usd e non lontani ormai dai minimi del 2009 in area 35, area di supporto di lungo periodo. Ma credo che sconvolgerebbe pochi un affondo anche sotto quei livelli. Credo sia ragionevolmente difficile fare previsioni (anche di breve) su questo asset. Al momento è solo evidente che non vi sono tracce di interruzione del ribasso.
Eur-Usd: le indecisioni della FED sull’aumento dei tassi a settembre (evento che non si verifica dal 2008) indeboliscono il dollaro contro le principali valute (JPY, EUR, YEN, GBP). Forte incremento per l’Euro e chiusura poco sotto 1,14, quindi in prossimità dell’area di resistenza di 1,15/1,16. Per ora non cambia il quadro tecnico, a fronte di segnali dai quei livelli ancora da prediligere un posizionamento short, con rischio rendimento favorevole.
Riccardo Zarfati