L’entità della propensione al rischio, sui principali mercati, probabilmente determinato da eventuali segnali provenienti dai negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina. Per ora non c’è direzionalità marcata, presumibilmente per il semplice fatto che il presidente Trump ha dichiarato che non incontrerà il presidente Xi prima d’inizio marzo. Ciò potrebbe accrescere il timore tra gli operatori, timori legati a nuove tariffe e un’altra escalation della guerra commerciale. Non è un caso, quindi, se s’intravedono movimenti di liquidità in direzione di alcuni asset rifugio.
I rendimenti obbligazionari sono calo e il prezzo del petrolio greggio sta scendendo. Il dollaro USA, invece, sta provando a ripartire mentre lo yen giapponese e l'oro stanno tenendo abbastanza agevolmente i receneti guadagni. A meno di notizie positive dai colloqui suddetti, il sentiment potrebbe cominciare a deteriorarsi nei prossimi giorni.
Wall Street ha chiuso la sessione di venerdì scorso in territorio misto, l'S&P 500 guadagnava appena lo 0,1% a 2708 punti, mentre i futures (dopo una sessione asiatica al ribasso) hanno usufruito di una spinta rialzista piuttosto vigorosa in apertura di sessione europea. I mercati asiatici non danno indicazioni particolarmente interessanti in quanto il Nikkei non quota per festività e la Cina sta recuperando terreno dopo una settimana di stop per il capodanno lunare (China Shanghai Composite + 1,3%). Per quanto riguarda il forex attenzione alle due coppie EUR/USD e USD/JPY, collocate su livelli fondamentali: il primo sul sopporto 1,13, il secondo sulla resistenza 110.
Il calendario economico è ancora una volta abbastanza soft in questo lunedì, eccezion fatta per vari dati UK (produzione industriale, manifatturiero e PIL) che hanno ancora una volta evidenziato il rallentamento dell’economica britannica (dati tutti inferiori alle attese).