Le protagoniste della giornata di ieri sono state senza dubbio le borse. Tutte, nessuna eccezione, con le borse americane che hanno visto il Dow Jones e lo Standard & Poor’s 500 compiere nuovi massimi assoluti.
La mancanza di pubblicazioni macroeconomiche ha aiutato nell’analisi del posizionamento dei flussi di capitale di breve periodo, che ci ha mostrato chiaramente come, in momenti di relativa calma, si vadano a cercare rendimenti andando a focalizzarsi di volta in volta su diversi asset, con le borse che in un quadro di propensione al rischio ricoprono il ruolo da protagoniste in maniera quasi totalitaria.
Cos’è cambiato da un anno fa, quando di fronte a situazioni del genere anche le valute a più alto rendimento rispetto al dollaro americano e le materie prime erano in grado di seguire movimenti del genere? Occorre effettuare una distinzione per rispondere.
Per quanto riguarda il mercato valutario, i possibili cambiamenti di politica monetaria da parte di diverse banche centrali, con qualche istituto che si è già mosso (pensiamo alla Banca Centrale del Giappone) e soprattutto con la Federal Reserve, ancora la timoniera dell’economia mondiale (fino a quando la PBoC le chiederà di lavorare a turni, su questa grossa nave sulla quale siamo tutti imbarcati), che sta continuando a pensare all’uscita dal piano di Quantitative Easing, hanno aumentato l’incertezza sul valutario, che vede le major offrire rendimenti reali overnight spesso vicini allo zero.
Ieri sono state pubblicate le minute della Fed, in largo anticipo rispetto all’orario usuale a causa di un errore umano (delle copie dei verbali erano state inviate per errore ad alcune persone del Congresso e pare anche ad alcuni sindacalisti e gruppi commerciali), dalle quali si evince una spaccatura all’interno del FOMC, il braccio di politica monetaria dell’istituto.
Alcuni membri hanno infatti espresso l’opinione di rallentare gli acquisti di titoli di stato e di MBS, che procedono al ritmo di 85 miliardi al mese, verso metà anno per poi eventualmente andare a concluderli entro la fine dell’anno, in quanto i rischi derivanti dal portare avanti queste iniezioni di dollaro americano potrebbero risultare più deleterie che benefiche. Un membro ha persino suggerito di iniziare da subito ad intraprendere questa strada.
La maggioranza invece, ha deciso di continuare così, fino a quando i segni positivi che arrivano dal mercato del lavoro saranno più evidenti.
Il mercato ha interpretato in maniera positiva questa divergenza di opinioni, considerando comunque che se alcuni membri del direttivo stanno optando per diminuire il QE, significa che le condizioni per farlo effettivamente, sembrano cominciare a palesarsi.
L’economia americana sta infatti mostrando leggeri segni di miglioramento, che potrebbero migliorare ulteriormente nel corso dell’anno.
Un altro protagonista della giornata di ieri, che ci va a confermare appieno come non siano presenti correlazioni tra i diversi mercati ormai da qualche tempo, è stato l’oro, non capace di salire insieme alle borse ma in forte discesa.
Abbiamo ragionato diverse volte sul ruolo del metallo giallo, ci limitiamo a ricordare in questa sede che le attese di inflazione di medio periodo risultano ben ancorate sotto o verso i valori di equilibrio curati dalle maggiori banche centrali e che esso risulti sempre più slegato, almeno negli ultimi mesi, dalle logiche di domanda e offerta di sottostante fisico (continuiamo a curare l’area di 1,520.00 per ragionare su ulteriori evoluzioni ribassiste).
EUR/USD
Prove di rottura per l’euro ieri, con dei tentativi fermatisi poco prima del primo livello di potenziale arrivo a 1.3130 e con i supporti individuati in area 1.3050 che hanno tenuto nella notte. La volatilità sul cambio risulta ridotta e si sta formando una congestione da continuare a seguire con le logiche viste ieri. Un superamento dei massimi potrebbe portare ad estensioni verso 1.3160, mentre un ritorno sotto 1.3040 (punti di massimo precedenti) potrebbe portare al test di 1.3030 (media mobile esponenziale oraria a 00 periodi), livello cruciale per assistere ad estensioni verso 1.3000/1.2975.
USD/JPY
Ancora fase di consolidamento per il UsdJpy nei dintorni della media a 21 oraria. Il livello di supporto di 98.75, che ha tenuto ieri ed ha impedito che partissero correzioni verso 98.00 può essere aggiornato, nell’intraday, a 99.35, livello oltre il quale è possibile assistere a aumenti di volatilità verso il supporto principale, ma che se dovesse tenere potrebbe portare alla rottura di 100.00, da iniziare a considerare definitiva oltre 100.30. In caso di raggiungimento dei secondi supporti, potremmo trovarci di fronte alla possibilità di raggiungimento dei massimi, e qui sarà importante seguire la price action per capire se li raggiungeremo o se ci fermeremo prima, il che potrebbe rappresentare un segnale di correzione.
EUR/JPY
Ci troviamo ancora in consolidamento in consolidamento intorno a 130.00, livello che si è tentato di rompere ieri e che ci ha restituito dei punti più precisi per valutare rotture definitive verso l’alto. Si tratta dell’area che passa intorno a 130.60, una ventina di punti in più rispetto a quanto stimato nei giorni scorsi e che, considerata la volatilità del cross quando dovessero partire dei movimenti, ci sembra sensata. Un superamento di quest’area può portare al raggiungimento di nuove aree di massimo relative che vedono 131.20 come primo possibile target e 134.00 il prossimo livello cui prestare attenzione. In caso di discesa sotto 129.35 (ultimi minimi di consolidamento) è possibile valutare accelerazioni verso l’area di 128.40, bellissimo punto statico che ha funzionato da resistenza e poi da supporto nei giorni scorsi.
GBP/USD
Volatilità ristretta anche per il cable, che si trovava in congestione tra 1.5315 e 1.5345 e che sul tentativo di rottura ribassista non è riuscito a raggiungere l’area di 1.5280, fermandosi intorno a 1.5295. Continuiamo a valutare l’area di 1.5280, prima di pensare a rotture più consistenti che potrebbero spingersi verso 1.5250 (area di supporto molto importante commentata ad inizio settimana). Nel caso in cui dovesse avvenire la rottura a rialzo di 1.5345, l’ultimo punto da considerare come resistenza rimane 1.5365, che in caso di superamento anche di 1.5375 potrebbe lasciare spazio verso 1.5420 (dato da punti precedenti).
AUD/USD
L’australiano ci ha dato nuovamente prova di essere pronto a reagire ai dati macroeconomici, anche se il movimento di breve non si è trasformato in una rottura definitiva a ribasso. E’ stato infatti pubblicato il tasso di disoccupazione a 5.6%, superiore sia rispetta alle aspettative, sia rispetto al precedente, che si attestavano a 5.4%. Dopo aver retto sopra la media a 21 oraria e aver sfiorato i target di 1.0565 abbiamo avuto la correzione, fermatasi in una buona area di supporto data dai massimi precedenti sulla salita ed ora dovremo curare il livello di 1.0500 prima di pensare a rotture che comunque potrebbero essere contenute dall’area 1.04 ¾, dove passano punti precedenti e la media oraria a 100 periodi. Se dovessimo superare anche 1.0465, è possibile valutare estensioni verso 1.0440. Su tutti i supporti è possibile valutare acquisti di dollari australiani (con strategie di reverse a step) che se dovessero vedere i prezzi intorno ai massimi, potrebbero essere propedeutici a tentativi di rottura delle resistenze che possono portare tra 1.0580 e 1.0600.
Matteo Paganini
Senior DailyFX Analyst