Dollaro giù. Questa la risposta da dare alla domanda che ci poniamo nel titolo del pezzo che apre la settimana di possibile assestamento dei flussi di capitale, dopo i tre meeting da parte delle banche centrali europea, d’Inghilterra e soprattutto del Giappone e dopo la pubblicazione dei tanto attesi dati sul mercato del lavoro americano, che hanno mancato un’ottima opportunità per dare nuova linfa al biglietto verde (ma forse, Bernanke è contento così).
Giù soltanto se ci limitiamo a cominciare a guardare i prezzi della nostra piattaforma partendo dalle major europee però. Il biglietto verde è difatti sceso molto bene contro euro e sterlina, andandosi a rafforzare sullo yen, sul dollaro australiano e sul dollaro canadese. Quindi, dollaro su?
La risposta sta chiaramente nel mezzo. Il dato che si attendeva, ha mostrato una diminuzione del tasso di disoccupazione americano, che rispetto alla rilevazione precedente è migliorato di un decimo di punto percentuale, passando da 7.7% a 7.6%, ma la creazione di nuovi posti di lavoro si è posizionata ben al di sotto delle aspettative degli operatori, seppur in territorio positivo.
Rispetto alle 190.000 nuove paghe che ci si aspettava, ne sono state comunicate meno della metà, 88.000, con un dato precedente però, che è stato rivisto a rialzo, superando il 236k che era stato dato in pasto al mercato ed arrivando a 268k.
Dati da interpretare dunque, che noi interpretiamo in maniera neutro/negativa. Il tasso di disoccupazione infatti è dato dal rapporto tra persone attivamente in cerca di lavoro e forza lavoro (da intendere come occupati, più chi cerca attivamente lavoro).
Una discesa del tasso di disoccupazione si può avere a causa di una diminuzione delle persone in cerca di lavoro a causa del fatto che lo hanno trovato, il che li farebbe passare al denominatore mantenendolo invariato e quindi determinando una discesa dell'indicatore, oppure si può avere a causa del fatto che le persone che cercano lavoro attivamente sono diminuite per fattori esogeni, il che porterebbe numeratore e denominatore a scendere della stessa quantità, che mantenendo il numero degli occupati stabile o in leggera crescita, come mostratoci dai NFP, farebbe scendere l'indice, dando così una rappresentazione distorta di quello che, istintivamente, ci viene da pensare guardando il valore puro del dato.
Ebbene, in America potremmo trovarci di fronte alla seconda situazione, con i dati macro però in leggero miglioramento, non al punto tale però da riuscire a tornare ad attrarre capitali come è successo durante gli ultimi mesi del 2012 ed i primi del 2013.
Ci troviamo di fronte ad un momento molto importante di valutazione da parte degli investitori, che cominciano ad intravedere opportunità di posizionamenti di medio periodo.
Chi non ha ancora deciso se puntare o meno su un cavallo, per una corsa più lunga della giornata (a livello di orizzonte temporale) continua ad intraprendere investimenti di breve periodo, andando però a seguire le logiche che, chi ha cominciato a valutare scelte di medio periodo, sta in qualche modo cercando di dettare.
Ci troviamo così di fronte ad uno yen che sta continuando la sua strada di svalutazione e che ha raggiunto in brave tempo livelli ben lontani da quelli su cui si trovava una settimana fa, praticamente contro tutte le valute del pianeta, con le commodity currencies che soffrono delle leggere tensioni di breve periodo (se facciamo eccezione per il canadese, che venerdì sul brutto dato occupazionale – 7.2% vs 7.0% atteso di disoccupazione – è sceso in maniera pesante seguendo logiche macroeconomiche) e con euro e sterlina che approfittano dei dati americani per provare delle rotture rialziste, dettate anche, soprattutto sul pound, da logiche tecniche.
Oggi è una giornata abbastanza tranquilla dal punto di vista macroeconomico, potremo sfruttarla per ragionare con più calma sui nuovi assetti che possono formarsi nella mente degli investitori, partendo dallo yen e a seguire su tutto il resto. E le materie prime? Anche qui, nessuna logica correlativa, con il petrolio venduto e l’oro comprato, da ragionare su logiche di breve sul fronte commodities.
EUR/USD
Bandiera di continuazione che ha funzionato molto bene nella giornata di venerdì, con il raggiungimento e sfondamento di 1.3000. Siamo ora di fronte ad un tentativo di correzione che sta fornendo segnali potenzialmente ribassisti. Questi possono portare ad approfondimenti nel momento in cui l’area compresa tra 1.2950 e 1.2965 dovesse lasciare spazio ai prezzi. Qui passano infatti i minimi ed i massimi precedenti (ben visibili su un grafico orario) ed un loro superamento potrebbe portare a vedere l’area di 1.2900, dove abbiamo consolidato sulla bandiera precedente e dove passa la media a 100 e la parte bassa del potenziale canale ribassista all’interno del quale ci stiamo muovendo. Una tenuta dei primi supporti potrebbe riportare dapprima verso 1.2985, che se rotto riproporrebbe 1.3000 ed in estensione i massimi precedenti.
USD/JPY
Gap rialzista in apertura per UsdJpy, che ha sfiorato quota 99.00. Da curare, a nostro parere, l’area che passa intorno a 98.00 come potenziale supporto, che potrebbe essere propedeutico alla risalita verso i massimi e verso nuovi strappi rialzisti in caso di superamento dell’area posta intorno a 99.30. Per assistere a correzioni significative, crediamo che si debba superare a ribasso l’area di 97.65, con potenziali estensioni fino ai primi livelli passanti poco sopra 97.00.
EUR/JPY
Raggiunto 126.50 e ben superato, sull’EurJpy. Stiamo ora consolidando sopra 127.50, livello dove passano i minimi della notte e la media a 21 periodi oraria, che insieme agli ultimi massimi prima dello strappo sopra 127.50, che passano intorno a 127.25, rappresenta un buon livello di supporto per poter vedere nuovi massimi, Possiamo considerare discese nel momento in cui dovessimo vedere superato a ribasso il livello di 126.70, potenzialmente raggiungibile se rotto il 127.25, ma che dato il non ottimo risk reward non guarderemo dal punto di vista operativo.
GBP/USD
Siamo giunti a 1.5350, superando i potenziali target in estensione posti a 1.5325 venerdì. Siamo in una situazione simile a quella dell’eurodollaro, con l’area che passa tra 1.5280 e 1.5300 da valutare come potenziale supporto per rivedere i massimi, che se rotti possono portare a nuove estensioni verso 1.5420. In caso di superamento a ribasso di 1.5280, possibili accelerazioni verso 1.5250, che rappresenta la resistenza che per tutto il mese di marzo ha contenuto i tentativi di risalita della sterlina e che potrebbe divenire un supporto importante. Se superato a ribasso (valutare almeno una ventina di punti di tolleranza prima di pensare a rotture definitive) si può tornare verso i primi livelli, rappresentati da 1.5205 (non ottimo risk reward).
AUD/USD
Raggiunti anche qui i target in estensione ipotizzati venerdì, ci troviamo di fronte a tentativi di correzione ben tenuti dalla media mobile a 21 periodi oraria, che insieme a 1.0385 (minimi precedenti) potrebbe continuare a fare da resistenza. Buon risk reward per valutare vendite di australiani, tenendo conto che un superamento a rialzo di 1.0390 potrebbe portare dapprima ad accelerazioni di volatilità verso 1.0400 e poi verso 1.0425. Per valutare posizionamenti short in caso di discese senza correzioni, aspettiamo di vedere come si comporteranno i prezzi in area 1.0340, data da punti precedenti e potenziale catalizzatrice di flussi di ordini.
Matteo Paganini
Senior DailyFX Analyst