Morning adviser, il problema di nuove aspettative

Pubblicato 20.09.2013, 08:40
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Davide Marone, 20 settembre 2013

INTRO

Dunque resta tutto da vedere. Con questa espressione intendiamo riferirci a quanto accaduto nella giornata di ieri, successiva alla comunicazione della Federal Reserve di lasciare invariato il proprio programma di acquisto di Treasury e MBS al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese laddove invece le attese trepidanti stimavano la possibilità di un taglio, e cosa succederà da qui in poi.

Nuovo trend o situazione invariata?

Indubbiamente il mercato è stato colto di sorpresa nel momento in cui lo statement del FOMC chiaramente esprimeva che nulla sarebbe cambiato ( a ragion veduta a nostro avviso) e il riflesso sui prezzi è stato anche maggiore di quanto sarebbe stato nel caso invece la Fed avesse proceduto al tapering come da attese; in questo caso le aspettative, quelle cioè che portano alla formazione dei prezzi, sono state pienamente disattese. Il punto ora è capire se lo sviluppo al quale assisteremo da qui in avanti sarà nel senso di un cambiamento di percezione degli investitori circa l’allocazione delle proprie risorse o se invece, al di là della normale reazione immediatamente successiva alla notizia, tutto tornerà come prima. I motivi per credere nella realizzazione più probabile di questo secondo scenario sono infatti assolutamente dotati di fondamento in quanto la Federal Reserve ha “solamente” ritardato la decisione circa il “tapering”, ma non ha di certo deciso di mantenere la sua politica ultra-accomodante per un periodo indefinito. E lo ha fatto sulla base di quanto sempre dichiarato relativamente alla forzata interconnessione tra interventi di politica monetaria e miglioramenti degli indicatori macroeconomici, disoccupazione in primis, risultando questa volta decisamente credibile; non ci sarebbe parsa altrettanto credibile, la banca centrale americana, se infatti avesse proceduto alla riduzione dei piani di acquisto a fronte di un mercato del lavoro ancora in condizioni piuttosto deboli, considerando un decremento del tasso di disoccupazione dovuto solo ad un tasso di partecipazione ai minimi da 35 anni e a nuovi posti di lavoro creati in numero inferiore alle soglie considerate sufficienti e peraltro in settori non strategici e a bassa produttività. La credibilità di un istituto bancario centrale è probabilmente la caratteristica più importante e in questo caso la Fed l’ha incarnata, dopo i tentennamenti e gli scivoloni comunicativi a cavallo tra giungo e luglio.

Breve analisi per asset class

Tornando all’interrogativo d’origine, per quello che concerne la situazione dei prezzi dei diversi strumenti finanziari, diviene verosimile attendersi una situazione che dal punto di vista valutario potrà ancora penalizzare il dollaro americano, sostenere le Borse così come le materie prime e mantenere relativamente bassi i rendimenti sull’obbligazionario. L’aritmia a livello ciclico sui prezzi è stata evidente, come avviene peraltro sempre in presenza di market mover di così grande impatto, ma appunto di aritmia potrebbe trattarsi e non di principio di un nuovo ciclo. Le reazioni immediate dei prezzi non si sono dimostrate a favore di ampie prese di profitto e ciò lascia intendere che nel breve potremmo vedere i prezzi perdurare nella situazione euforica post-evento; non sono perciò da escludere nuovi massimi sull’azionario che si trova ai massimi storici e viaggia perciò in terre sconosciute e sul valutario euro e sterlina potrebbero mostrare ulteriore forza relativa nei confronti del greenback; diversa invece la situazione dello yen che, dopo un consistente rafforzamento sulla news (comunque meno che proporzionale che rispetto ad altre major) ha nuovamente perso terreno e si è ricollocato addirittura nella situazione che precedeva l’evento: il governatore della Bank of Japan Kuroda ha questa notte, peraltro, ribadito i propositi di inflazione al 2% e il mantenimento dell’attuale piano di alleggerimento quantitativo. Nuove pressioni ribassiste potrebbero provenire invece dal fronte delle commodities currencies, come continuamente caldeggiato (questa volta lo ha fatto Edwards della RBA) da Australia e Nuova Zelanda.

QUADRO TECNICO

EUR/USD: il cambio è rimasto su livelli molto sostenuti e non si è mai portato sotto la soglia di 1,35, facendo del livello dinamico di resistenza precedente (canale rialzista tracciato a partire da inizio settembre) ora un supporto. Dal punto di vista statico resta proprio l’1,3500/10 quello di maggiore rilievo, coadiuvato dalla media mobile a 21 periodi del grafico orario che ben ha accompagnato il sostanziale immobilismo del cambio nella fase notturna. Buoni perciò, dal punto di vista del Risk/Reward, i prezzi in acquisto in area 1,3520 per target ideali che restanso sulla soglia di 1,36. Implementabili invece operazioni corte al superamento al ribasso di 1,35 per obiettivi a 1,3450 (media mobile a 100 periodi oraria) e 1,34.

USD/JPY: come accennato nella prima parte, il cambio ha dimostrato grande forza intrinseca che ha sovracompensato il movimento discesista successivo alla Fed dello scorso mercoledì. Il canale ribassista che descriveva la price action a partire dai massimi relativi in area 100,60 è stato così violato al rialzo, ben sostenuto da un pattern di divergenza rialzista su time frame a 4 ore e ha frenato in area 99,50. Sotto quest’area, su grafico orario, transitano le maggiori medie mobili che insieme a 99,10 lavorano da supporto. Da questi livelli restano validi gli acquisti per ritorni in area 99,50 (per stop in pari) e obiettivi a 99,75 e 100 in estensione. Sotto 99,10 sono assolutamente sensate operazioni short, con buon RR, per 98,75 (test della vecchia resistenza dinamica) e 98,50.

EUR/JPY: massimi dal 2009 per questo cross che ha beneficiato di una sostanziale stazionarietà dell’eurodollaro a livelli sostenuti e dal forte recupero di dollaro/yen. Rotta dunque la soglia di 1,34 è lecito attendersi delle correzioni che vedono in 134,20 il primo snodo in quanto punto di minimi e massimi precedenti e preciso transito della media mobile a 21 periodi su grafico orario; ancora una volta risulterebbero sensati, su questo punto, gli acquisti per obiettivi in area 135,40 mentre alla perforazione al ribasso le vendite vedrebbero in 133,80 un possibile approdo in grado però di risostenere il prezzo. Sotto, si rivedrebbe il 133,35.

GBP/USD: grande forza della sterlina che ha si trova su punti di resistenza statica e dinamica di grande rilievo come dimostrano i tentativi di perforazione della trendline bullish del canale rialzista che ormai descrive il cambio da oltre due mesi e che transita proprio nei pressi di 1,6120. Livello che poi, sull’ottimo sviluppo di una divergenza tra prezzo e stocastico su timeframe a 4 ore, è stato abbandonato verso quelli che diventano verosimili obiettivi a 1,60 e 1,5960 poi. Uno strappo al rialzo dalla congestione notturna favorirebbe invece ripresedi 1,6075, 1,6120 ed estensione verso i massimi relativi.

AUD/USD: rimbalzo perfetto del cambio sulla trendline che forma la parte alta del canale bullish che contiene il prezzo da fine agosto. Non altrettanto preciso invece l’arresto del prezzo in area 0,9430 e prima cioè del suo naturale punto a 0,94/0,9390. Ciò potrebbe porre le basi per riprese di 0,9480 prima, e dei massimi poi, ben supportate dall’oscillatore stocastico sempre molto indicativo in fasi laterali come quelle di congestione notturna. Cruciali i supporti pocanzi indicati sotto i quali ci potrebbe essere ampio spazio di discesa verso 0,9350 e 0,9285.

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