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Morning adviser, il tracollo dello yen

Pubblicato 10.05.2013, 09:09
Aggiornato 11.09.2019, 13:55
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Finalmente! Questo è l’avverbio che ci sentiamo di usare riferendoci evidentemente al movimento che ha caratterizzato lo yen giapponese che contro il dollaro americano, tanto per citare il caso del cambio originale, è stato pesantemente venduto al punto di portarsi nel breve volgersi di un pomeriggio da quota 99 fino alla fatidica soglia di 100, per poi violarla con veemenza fino all’apertura delle Borse asiatiche che ad ora hanno contribuito a spingerlo fino al livello di 101,20.

Se il rialzo del 4 aprile scorso era motivato, per quanto atteso, da un evento calendarizzato quale il meeting della Bank of Japan (il primo del neo-governatore Kuroda) che aveva comunicato ufficialmente il massiccio piano di acquisto di bond su tutte le scadenze con l’espansione della base monetaria verso precisi target ed orizzonti temporali, questa volta abbiamo assistito ad un movimento squisitamente tecnico; nell’ultimo mese infatti il cambio si era arrestato poco sotto 100 esattamente due volte, la prima delle quali con un ritracciamento piuttosto importante fino sotto 96 e fino a 97 nel secondo caso, permettendo così alle logiche di domanda e offerta di riequilibrarsi attorno a prezzi medi che ne hanno poi caratterizzato l’ampia congestione, e agli indicatori di scaricarsi salvo poi ritornare pesantemente in ipercomprato sulla supremazia dei compratori.

Rotti perciò i massimi relativi, banalmente gli ordini posizionati sopra questi ultimi sono stati eseguiti così come gli stop in liquidazione di chi era corto confidando sulla tenuta dell’area di resistenza, determinando un violento breakout in grado di far letteralmente saltare i prezzi senza alcun spazio per normali pullback di breve tipici della dinamica di violazione di livelli statici significativi.

Si è quindi prodotto un potente effetto a catena, che ha generato fenomeni di herding nel momento in cui tanti erano gli operatori che entravano sullo sviluppo del movimento alimentandone così la spinta bullish.


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Un movimento di questo tipo era atteso dagli investitori da un punto di vista dei livelli tecnici, molto meno da quello del timing soprattutto se si pensa che tipicamente i movimenti importanti della valuta nipponica avvengono proprio durante la sessione asiatica di contrattazioni.

Ma il fenomeno non è stato a sé stante in quanto ha riguardato più in generale il dollaro americano il quale non manca mai occasione di rimarcare la sua centralità nel mercato valutario, con acquisti importanti che lo hanno riguardato contro tutte le altre major: l’eurodollaro ha infatti rotto con forza l’1,3080 e successivamente l’1,3040 salvo poi andarlo a ritestare, il cable si è riportato nei pressi del cruciale supporto in area 1,54 e l’AUD/USD ha rotto il mega supporto a 1,0120 fino ad approfondimenti non troppo lontani dalla parità su livelli che non si vedevano dal giugno del 2012.

Il tutto esemplificato dal FXCM Dow Jones Dollar Index su nuovi massimo storici a 10.600.

Qualche tempo fa individuavamo il dollaro americano come potenziale porto di destinazione di ampia liquidità che, a fronte di miglioramenti strutturali dei fondamentali d’oltreoceano, poteva tornare ad essere percepita come valuta asset non più utile solo per finanziarsi ma per rappresentare un’attività di crescita da detenere in portafoglio, nel momento in cui invece le valute di riferimento di altre aree macroeconomiche sono colpite dal calare dei rendimenti causato dai tagli dei tassi di riferimento dei rispettivi Istituti Centrali, date aspettative di inflazione piuttosto basse.

Il miglioramento sul fronte occupazionale a stelle e strisce come dimostrato dai dati su Payrolls e tasso di disoccupazione di venerdì scorso e che ha trovato conferma nel calo delle richieste dei sussidi di disoccupazione di ieri, rappresentano il potenziale propellente per lo svilupparsi di questa logica che quindi potrebbe vedere il green back continuare a rafforzarsi.

I percentili di volatilità implicita delle opzioni scritte sui tassi di cambio sono notevolmente aumentati e perciò potremmo osservare quest’oggi ulteriori approfondimenti in grado di violare i supporti/resistenze più strategici di medio periodo a favore di dollaro americano.

Se questi dovessero tenere, aspettiamoci anche correzioni importanti soprattutto su euro e sterlina.

EUR/USD
La price action del cambio principe è stata molto precisa in quanto dopo le rotture dei supporti in maniera sistematica il prezzo si è portato sui supporti successivi e questo almeno in tre casi. Progressivamente abbiamo infatti assistito al superamento di 1,3120, 1,3080 (transito della trendline rialzista da inizio settimana) e 1,3040 fino ad avvicinarsi alla soglia psicologica di 1,30 dal quale poi il mercato ha ritracciato. La correzione si è incagliata proprio contro 1,3040, che caratterizza il limite superiore della congestione ben visibile sull’orario che può condurre ad una operatività in OCO, con possibilità di ingressi long sopra 1,3040 per riprese proprio di 1,3080, e short sotto 1,30 per il supporto cruciale a 1,2965.

USD/JPY
La dinamica di USD/JPY è stata ampiamente descritta nella prima parte del nostro Morning Adviser. Il possibile prossimo scenario è a favore di ulteriori rialzi che continuano ad individuare in 101,65 il punto di approdo più importante. I fenomeni correttivi sono pressocché ininfluenti ma se dovessero palesarsi vedrebbero la violazione al ribasso di 100,80 per rinnovati test di area 100.

EUR/JPY
Il ben disegnato triangolo che descriveva la price action del cambio da quasi un mese è stato violato al rialzo sullo sviluppo del movimento di USD/JPY che ha relativamente prevalso su quello bearish dell’altro cambio originale padre del cross, EUR/USD. Rotti anche in questo caso i massimi relativi a 131, si apre la strada per il target ideale in area 134,30 (difficile individuare i supporti se non aprendo un grafico settimanale). Più nel breve vale la pena muoversi al rialzo sulle soglie psicologiche, molto sentite dal mercato, mentre al ribasso conviene operare su time frame bassi (30m,15m,5m,)in cerca di correzioni fisiologiche previe quanto meno il superamento al ribasso di 131,50.

GBP/USD
Situazione simile a quella dell’euro sulla sterlina, con progressive violazioni dei livelli statici più importanti: 1,5520, 1,5480 su tutti. L’area di 1,54 è fortissima come area di supporto, vista la piena attualità del ritracciamento di Fibonacci al 38,2% del trend discesista 1,63- 1,48. Possibili sono i tentativi di ripresa proprio di 1,54 dal quale poter poi comprare, salvo girarsi in stop&reverse in caso di rottura verso 1,5330.

AUD/USD
Minimi da giugno 2012 per il dollaro australiano che ha rotto con estrema violenza il supporto a 1,0150 e soprattutto quello cruciale a 1,0120 fino ad approfondire verso l’10050. Possibili i tentativi per nuovi minimi verso la parità (ricordiamo il taglio dei tassi della RBA e l’outlook che potrebbe prevederne di ulteriori e il mercato si fa’ sulle aspettative) con 1,0025 come primo punto di attenzione. Il fallimento di un nuovo minimo porrebbe le basi per una correzione in ripresa proprio della soglia di 1,010 e del livello di 1,0120.

Davide Marone
DailyFX Analyst



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