Se in passato prevedere come finirà la Brexit era difficile, ora è impossibile. La situazione fluida, politicamente tesa, genera scenari che cambiano con i lanci d’agenzia. In fasi come questa, vorremmo avere semplicemente dei pop-corn e seguire la situazione da spettatori. Sembra che il Regno Unito si diriga verso un’altra inutile proroga. Una cosa è certa: per le prospettive economiche del Regno Unito, questa incertezza aggiuntiva danneggerà ulteriormente la crescita economica e l’interesse degli investitori. Martedì l’indice PMI riferito al settore costruzioni, sceso a 45 punti rispetto ai 46,5 previsti, ha evidenziato i danni sull’attività che comporta questa ambiguità prolungata. Oggi, il PMI servizi riferito al mese di agosto è sceso a 50,6 punti dai 51,4 di luglio. Il calo del PMI servizi suggerisce che il settore dei servizi, cruciale per l’economia, sta solo tenendo duro.
Visto il numero di deputati conservatori che si sono ribellati, oggi probabilmente il disegno di legge contro una Brexit senza accordo sarà approvato. Il premier Johnson ha detto che non tornerà a Bruxelles per chiedere un’altra proroga. Sembra piuttosto intenzionato a chiedere elezioni anticipate, come previsto dal Fixed-term Parliaments Act, ma il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn ha dichiarato che il partito Labour non concederà voti vitali a favore delle elezioni finché non sarà approvata un’altra proroga dell’Articolo 50. Nonostante il clamore, a nostro avviso un’uscita senza accordo rimane l’esito più probabile.
In questo scenario, riteniamo prevedibile un intervento della BoE per stabilizzare l’economia, con tagli significativi del tasso d’interesse. L’inflazione ha superato la soglia del 2%, ma rimane transitoria, in quanto il calo della sterlina ha generato un’intensificazione delle pressioni inflazionistiche nel Regno Unito, soprattutto perché ha fatto aumentare il costo delle importazioni. L’inflazione di fondo, salita al massimo da sei mesi, all’1,9%, non impedirà alla BoE di tagliare i tassi. Alla notizia di potenziali elezioni anticipate, i rendimenti sui decennali britannici (Gilts) sono scesi al minimo storico dello 0,382%. Di solito, l’aumento dell’inflazione spingerebbe la banca centrale a restringere la politica monetaria, intervenendo sul tasso d’interesse di riferimento. Ciò eserciterebbe ulteriori pressioni sulla curva dei rendimenti britannica e farebbe scendere la sterlina. Il timore di un sovraffollamento sulla sterlina è infondato; in passato, infatti, le posizioni corte erano maggiori. Una Brexit senza accordo è data quasi, ma non completamente, per scontata. L’ulteriore flessione della sterlina contro CHF e JPY sembra dovuta all’incertezza politica che il mercato deve affrontare in questa settimana decisiva.