Appena una settimana fa, sembrava una materia prima che nessuno voleva, abbandonata dai gestori dei fondi e con gli analisti che non facevano altro che profetizzarne un tragico destino per la prospettiva di altri cinque aumenti dei tassi in due anni.
Ora, l’oro è tornato sopra l’importante soglia psicologica di 1.200 dollari l’oncia, apparentemente immune alla politica monetaria della Federal Reserve più interventista dell’ultimo decennio e ad una delle più straordinarie impennate di Wall Street in un anno, fattori che di solito non favoriscono i lingotti.
Nella seduta di ieri, la crisi del bilancio italiano è stata riportata come motivo della ripresa dell’XAU/USD dal minimo di quasi sei settimane, con i banchieri centrali della zona euro ed i trader che hanno cercato rifugio contro le conseguenze nella regione dei problemi di Roma.
Performance superiore al dollaro
Ciò nonostante, alcuni analisti non hanno potuto fare a meno di esprimere la propria sorpresa per la capacità dell’oro, negli ultimi giorni, di superare la performance del dollaro, il principale beneficiario dell’inasprimento monetario che la Fed ha in programma fino al 2020.
Il rialzo dei tassi di interesse e del rendimento dei bond USA pesa sull’appeal dell’oro che, contrariamente al dollaro, non ha rendimento. Un biglietto verde forte rende inoltre l’oro più costoso per i titolari di altre valute, in quanto il metallo prezioso è valutato in dollari.
“Il fatto che l’oro non sia scambiato sotto i 1.150 dollari è, secondo me, straordinario”, afferma Frank Holmes, amministratore delegato e responsabile degli investimenti di US Global Investors Inc, un’agenzia di consulenza per investimenti a San Antonio, in Texas, che consiglia titoli ed ETF legati all’oro agli investitori.
In un articolo di lunedì, Holmes ha scritto che c’è “molto a motivare gli orsi” dell’oro:
“Oltre al dollaro più forte ed all’aumento dei tassi di interesse, i titoli azionari stanno ancora andando bene, spinti dai riacquisti da record e dai massicci afflussi verso i prodotti di investimento passivo”.
Gli attuali massimi sono ancora inferiori a quelli di aprile
Malgrado la recente forza, l’oro registra ancora un crollo del 7% sull’anno. Infatti, l’apertura di questo mercoledì al di sopra di 1.211 dollari l’oncia negli scambi asiatici impallidisce rispetto al massimo del 2018 superiore ai 1.365 dollari di aprile. Il dollaro, invece, è schizzato del 3,4% sull’anno.
Il fatto che l’oro sia sceso dopo aprile non sorprende dal momento che proprio in quel mese la Fed ha alzato per la prima volta i tassi quest’anno, per poi intervenire nuovamente a giugno e a settembre, quando la banca centrale ha aggiunto un quarto di punto percentuale portando i tassi al range compreso tra il 2,0% e il 2,25%.
La Fed ha in programma un altro aumento a dicembre, tre nel 2019 ed un altro nel 2020. Ha inoltre sminuito la possibilità di un’inflazione esagerata derivante da questi aumenti, affermando che il suo fine è di “normalizzare” la politica monetaria dopo aver lasciato i tassi vicino allo zero per quasi un decennio dalla crisi finanziaria.
“Strong Buy” a livello tecnico
Malgrado questi fattori, gli analisti tecnici su Investing.com definiscono i future dell’oro con consegna a dicembre sul Comex a New York come “Strong Buy”. In base alle loro previsioni tecniche giornaliere, i consigli di “sell” più forti emergono solo se il contratto dovesse rientrare nella media mobile su 100 giorni di 1.230 dollari e nella dma a 200 di 1.279 dollari.
George Gero, specialista dei metalli preziosi da oltre tre decenni, afferma che l’aumento dell’oro con il dollaro ieri, riconquistando i 1.200 dollari, ha colto molti alla sprovvista. “Le persone sono state spinte allo short covering e anche i cacciatori di affari sono entrati sul mercato”, ha dichiarato Gero, direttore di gestione di RBC Wealth Management a New York, una divisione di RBC Capital Markets.
Ha spiegato che i timori per il bilancio italiano, la crisi in Venezuela e il persistere dei problemi economici in Argentina e Grecia hanno tutti favorito l’oro come investimento rifugio e protezione dall’inflazione.
Il “non tanto amato oro” potrebbe presto diventare più interessante
Il Natale e le altre feste di fine anno nel quarto trimestre potrebbero spingere la domanda di lingotti da parte degli investitori comuni prima della fine dell’anno, afferma Gero:
“Dopo così tanti mesi di perdite, il non tanto amato oro a prezzi così bassi potrebbe diventare più interessante con le feste che arrivano prima del previsto per alcuni distributori di gioielleria”.
Mike McGlone, esperto senior di strategie per le materie prime di Bloomberg Intelligence, in una previsione di ottobre ripubblicata sul sito di notizie sui lingotti Kitco, ha scritto che oro e metalli avranno difficoltà a riprendersi se dovesse ricominciare l’impennata del dollaro, “ma non ci aspettiamo che succeda”.
“È poco probabile che il dollaro possa sostenersi sopra il massimo di 14 anni. Il rischio rispetto alla ricompensa sembra favorire le posizioni long sull’oro ai livelli attuali”, ha dichiarato, aggiungendo che il rialzo dell’oro ha controbilanciato molto i rischi ribassisti.
Una sorpresa politica, sotto forma di una vittoria dei Democratici alle elezioni di metà mandato USA a novembre, potrebbe rivelarsi essere un ulteriore importante supporto per l’oro, afferma Walter Pehowich, vice presidente esecutivo dei servizi di investimento di Dillon Gage Metals. “Ciò intaccherebbe il piano di ripresa economica del Presidente Trump e si può prevedere una seria correzione dei titoli azionari, che favorirebbe l’oro”, dice Pehowich.
Diversamente, l’analista afferma che la sua previsione sul quarto trimestre per l’oro è che possa rimanere “non amato e trascurato, ma non abbastanza odiato da finire nel dimenticatoio”.