Market Brief
Dopo un modesto recupero, seguito da una brevissima fase di stabilizzazione, gli investitori si sono riattaccati alla bottiglia. Mercoledì le borse asiatiche sono crollate, sulla falsariga dell’Europa e degli USA, per effetto della rinnovata avversione al rischio e del calo dei prezzi del greggio.
Il WTI (West Texas Intermediate) è sceso di nuovo sotto la soglia dei 30 dollari, in calo del 13% da lunedì, nello stesso periodo il Brent ha ceduto il 9,50%. Vale la pena notare che da lunedì lo spread fra Brent e WTI ha raggiunto i 3 dollari circa, perché si teme un accumulo delle scorte negli USA.
Come sempre in queste condizioni di mercato, gli asset ritenuti rifugi sicuri sono andati a ruba. Dall’inizio della settimana, l’USD ha ceduto l’1,70% contro lo yen giapponese, la domanda di titoli di Stato è rimasta più che solida, facendo scendere i rendimenti a minimi che non si vedevano da mesi.
La curva dei rendimenti USA si è appiattita significativamente, il rendimento dei decennali è sceso sotto la soglia dell’1,90%, mentre quello dei trentennali ha raggiunto il 2,64% per la prima volta dall’agosto del 2015.
Per quanto riguarda le scadenze brevi, l’attenuarsi delle previsioni di restringimento dalla Fed hanno pesato molto sui titoli a due anni, scesi di nuovo sotto lo 0,74%, in calo di 7 punti base da lunedì, o di 36 punti base da inizio gennaio (!). L’indebolimento dei rendimenti USA ha esercitato ulteriori pressioni sul biglietto verde, negli ultimi due giorni l’indice del dollaro è arretrato dell’1%.
In Cina, il miglioramento dei PMI di Caixin non ha contribuito a rassicurare gli investitori sullo stato di salute della Cina. In gennaio, il PMI servizi si è attestato a 52,4 punti a fronte dei 50,2 del mese precedente, l’indice composito a 50,1 punti rispetto ai 49,4 di dicembre. Il Composite di Shanghai è scivolato dello 0,38%, mentre l’indice ad alto tasso di titoli tecnologici, il Composite di Shenzhen, ha guadagnato un esiguo 0,47%. In Giappone, il Nikkei è arretrato del 3,15% nonostante il miglioramento dei PMI (il PMI servizi è salito a 52,4 da 51,5 punti, il PMI composito a 52,6 da 52,2 punti).
In Europa, stamattina i futures sui listini sono in diffuso ribasso, sulla falsariga degli indici asiatici: il Footsie cede lo 0,49%, il DAX lo 0,64%, il CAC 40 lo 0,68%, invece l’SMI è in rialzo dello 0,07%. Secondo noi, le vendite di questa settimana saranno passeggere perché negli ultimi giorni non si sono registrate novità degne di nota, sole vecchie paure riemerse dopo il nuovo scivolone del greggio.
In Nuova Zelanda, il kiwi (NZD) è lievitato dell’1% contro il biglietto verde in scia al rapporto sul lavoro, che ha inaspettatamente superato le attese. Nel quarto trimestre, il tasso di disoccupazione è sceso al 5,3% (rispetto al 6,1% previsto e al 6,0% del terzo trimestre) per effetto del calo del tasso di partecipazione (68,4% rispetto al 68,7% del terzo trimestre) e dell’aumento dei nuovi posti di lavoro (+0,9% t/t rispetto al +0,8% previsto).
La coppia NZD/USD si accinge a testare la resistenza psicologica a 0,66. Al ribasso, si osserva un supporto a 0,6348 (minimo 20 gennaio).
Oggi gli operatori monitoreranno il rapporto sull’inflazione in Turchia, Russia e Italia; i PMI in Brasile, Spagna, Italia, Francia, Germania, nell’Eurozona e nel Regno Unito; il tasso di disoccupazione in Norvegia; le vendite al dettaglio nell’Eurozona; le richieste di mutui MBA, il rapporto ADP sulla variazione nell’occupazione, i PMI e l’ISM non manifatturiero negli USA.