Si verifica quel tentativo di riequilibrio tra Europa (e Giappone) rispetto agli USA che si era prospettato la settimana precedente. Ma il rialzo è stato quasi corale, con poche eccezioni sui principali indici.
Il dato sul PIL cinese in linea con le attese conferma i buoni indicatori visti recentemente, e anche per gli USA lo spettro della recessione continua per il momento a non trovare appiglio nei dati, non brillantissimi ma che non preannunciano gravi sbandamenti, a partire dalle prime trimestrali uscite. Insomma il quadro si sta rasserenando, ed anche l’emergenza sul sistema bancario è in parte rientrata, con un rimbalzo prepotente del settore.
In questo contesto il FMI abbassa di nuovo le previsioni di crescita mondiale e mette ancora in guardia sui rischi di stagnazione. Ma stima ancora un 2016 a +3,2% (precedente stima a +3,4%), variazione che sarebbe comunque superiore al +3,1% del 2015. E poi +3,7% nel 2017, crescita ancora superiore. Insomma si grida costantemente al lupo, ma il pericolo non viene di fatto riflesso nei numeri pubblicati.
Indici che ritornano in prossimità dei primi seri ostacoli da dove qualche ritracciamento è possibile, ma nel complesso cominciano ad aumentare le probabilità che i minimi di febbraio possano tenere per l’anno in corso.
USA: Alcoa Inc (NYSE:AA), JPMorgan Chase & Co(NYSE:JPM) (NYSE:JPM) e Bank of America Corporation(NYSE:BAC) (NYSE:BAC) al vaglio delle prime trimestrali 2016. Utili in calo, ma meno del previsto. Potrebbe essere questo il leitmotiv della nuova tornata di dati. S&P 500 che fa in settimana un nuovo massimo di periodo, raggiungendo un primo obiettivo a 2080 e di nuovo ad un passo dai massimi storici. Un trend definito “The most hated (il più odiato) bull market in history” dai media USA, per la scarsa partecipazione degli investitori: prezzi triplicati dai minimi del 2009, ma con volumi molto bassi. Graficamente rimane naturalmente intatta la possibilità di nuovi massimi, con 2000 primo supporto e 1950 supporto principale.
Europa: scende la produzione industriale di Eurozona, (-0,8%, attese -0,7%), ma ciò non ha certo influito sulla voglia di rimbalzo. Indici europei tra i migliori in settimana con incrementi tra il 4% ed il 5%. Dax che ritorna in zona resistenze, alla ricerca di un riequilibrio. Ora 9800 un primo supporto a sostegno di una possibile prosecuzione del rialzo nel breve.
Italia: bene anche l’indice italiano, aiutato dal lancio del fondo Atlante, che ha ridato vigore alle depresse quotazioni delle banche. La chiusura sopra i 18.200 alimenta le probabilità di un nuovo test dei 19.000 punti nel breve. Segnalo l’incrocio rialzista sul MACD, a sostegno dell’ipotesi di continuazione
Asia: un sfilza di dati buoni o ottimi dalla Cina. PIL 1 trimestre a +6,7%, in linea con le attese. Poi esportazioni a +11%, produzione industriale a +6,8% e vendite al dettaglio +10,5%, tutti dati sopra le attese. Qualcuno obietta che dietro a questi ottimi dati vi siano false fatturazioni che coprono una fuga di denaro all’estero. Il sospetto c’è ed è lecito (ed emerge guardando ai dati di scambio tra Cina e Hong Kong), ma impossibile capirne dimensioni e rilevanza sul complesso-paese. Indice che sale senza strafare (+3,1%), ma rafforzando le possibilità di raggiungimento di area 3250, target tecnico del doppio minimo da 2632.
Risale con forza anche il Giappone, che oscilla nervosamente tra supporti e resistenze, ora di nuovo in prossimità di 17.200, prima resistenza. Area 18.000 quella principale di medio periodo in caso estensione rialzista. Come per molti indici europei, rimane un quadro estremamente fragile, con segnali ancora non chiari per il medio periodo e andamento ribassista tuttora attivo.
Da rilevare che il Giappone è l’unico paese G7 per il quale il FMI prevede letture di PIL negativo da qui a due anni (poi l’Italia tra i più deboli, che continuerà probabilmente a lottare con crescite zerovirgola ancora per un po’)
Latin America: il Brasile è decisamente la sorpresa 2016 (+23% da inizio anno). Raggiunto e superato un primo target, se ne apre un altro in area 57.400. Possibile a mio avviso alzare i supporti, ma non prima di area 47.700. Nel fine settimana voto sull’impeachment di Rousseff, sarà interessante vedere gli effetti di breve sull’indice.
Metalli: tutti positivi (eccetto l’oro, che continua a stabilizzare). Rilevante il balzo dell’Argento, che tenta di recuperare il terreno perso proprio sull’Oro, in forte rialzo nelle settimane precedenti. Ora prezzi sulla resistenza statica principale di medio periodo. In caso di superamento, interessanti prospettive
Agricoli: il ETFS Corn (MI:CORN) ha il miglior incremento settimanale, con un +5,4%. Si continua in un range tecnico molto stretto e molto preciso, con i prezzi che fanno su e giù tra 350 e 400 ormai da 15 mesi. Nel breve hanno spinto al rialzo le notizie di possibile siccità in Brasile. Ma non c’è un trend, ed anche guardando alle posizioni degli hedge funds vi è una sostanziale neutralità. Ricordo che questo è un asset seguito dal Portafoglio ETF Heikin Ashi.
Petrolio Greggio: si stempera l’attesa per il meeting di Doha di questa domenica, al quale parteciperanno diversi paesi Opec e non Opec (e forse l’Iran). Alcuni analisti fanno giustamente notare che un accordo su rilevanti tagli è improbabile, ed in caso di nulla di fatto sarà difficile incrementare la produzione, già sui massimi possibili (a parte l’Iran). Quindi atteso scarso impatto sui fondamentali. La resistenza di 42$ ha ancora tenuto con prese di beneficio venerdì prima del meeting, poi si vedrà.
EUR/USD: torna a scendere in settimana la coppia, in ritracciamento dalla nota resistenza di 1,15. Ma il trend delle ultime settimane rimane orientato al rialzo, almeno finché i prezzi si terranno sopra 1,10.
Goldman Sachs continua a prevedere un prezzo di 0,95 nei prossimi 12 mesi, il problema è che lo diceva già 8 mesi fa. Non è il solo a vedere uno scenario fortemente ribassista, ma non mancano le voci contrarie. Sotto un sondaggio fatto dal Wall Street journal alla fine di dicembre: passato il primo trimestre, per ora l’unica stima azzeccata è quella di HSBC. Ma i prezzi si sono mossi relativamente poco, tutto può cambiare. Personalmente mi convince di più uno scenario di 1,20 per fine anno, seppure con prevedibile nervosismo prima del referendum inglese.
Riccardo Zarfati
onehourtrading.it