La volatilità non se ne andrà, ma lo shock delle forniture indica prezzi più alti all’orizzonte.
La corsa sulle montagne russe dell’energia continua …
Dopo un rally record del petrolio durato sei giorni, da 90 a 130 dollari al barile, i prezzi hanno rivisitato il territorio dei 95 dollari la scorsa settimana, lasciando indietro i trader traumatizzati. Ma, negli ultimi giorni, sia il riferimento europeo Brent che il WTI sono tornati sopra i 100 dollari.
La correzione ha brevemente cancellato l’intero premio di rischio creato dall’invasione russa dell’Ucraina, prima che i prezzi si stabilizzassero e si riprendessero sopra i 100 dollari:
Malgrado il collasso, poco è cambiato in termini di aumento dei rischi per le forniture sul mercato petrolifero odierno. In effetti, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha avvertito che il mercato petrolifero si ritrova ad affrontare “la peggiore crisi delle scorte da decenni”.
In questo articolo, vedremo gli ultimi trend di scorte e domanda che indicano il persistere di un mercato teso e prezzi più alti all’orizzonte. Ma prima, esaminiamo il principale fattore responsabile delle estreme oscillazioni di prezzo: il collasso dell’attività di trading del petrolio. Si nota dal tonfo delle posizioni aperte sui contratti dei future sia del greggio che di prodotti raffinati, crollate ai minimi pluriennali:
Un cessate il fuoco potrebbe non bastare per ripristinare le scorte russe
Ma sarebbe un errore presumere che le voci di un cessate il fuoco significhino un immediato annullamento delle sanzioni ed un normale ritorno in affari con la Russia per l’energia. Considerata l’enorme portata della distruzione e della tragedia umana che la Russia sta infliggendo all’Ucraina, a questo punto non sembrano esserci possibilità di una risoluzione semplice del conflitto. Intere città sono state rase al suolo ed oltre 10 milioni di rifugiati ucraini sono stati costretti a lasciare le proprie case. Inoltre, continuano ad aumentare le notizie circa il fatto che la Russia stia intenzionalmente prendendo di mira i civili ucraini.
Intanto, anche lo scontro geopolitico tra Russia ed Occidente sta superando il punto di avere una soluzione pacifica.
Le sanzioni occidentali sulla Russia potrebbero restare a tempo indefinito, anche dopo un accordo di pace ufficiale in Ucraina.
Nel settore energetico, supercolossi come Exxon (NYSE:XOM), Shell (NYSE:SHEL) e BP (NYSE:BP) hanno chiuso le attività in Russia. Queste mosse avranno un impatto a lungo termine sulla capacità della Russia di aumentare la produzione.
Le cose sono peggiorate ulteriormente venerdì, quando anche il colosso dei servizi petroliferi Halliburton (NYSE:HAL) ha dichiarato che metterà immediatamente fine alle attività in Russia. Appena il giorno dopo, sia Schlumberger (NYSE:SLB) che Baker Hughes (NYSE:BKR) hanno annunciato la sospensione di ulteriori investimenti in Russia ed entrambe le società potrebbero ritirarsi del tutto dal paese.
È un bel problema. Come molti produttori petroliferi esteri, la Russia dipende dalle società di servizi dell’Occidente per tecnologia, pezzi di ricambio e capitale umano per mantenere in funzione le sue operazioni di petrolio e di gas. La Russia non può rimpiazzare questi servizi e componenti dall’oggi al domani, il che significa una potenziale compromissione della produzione sul breve termine.
Infine, c’è la minaccia più immediata alle esportazioni russe: il semplice rifiuto di molti paesi di comprare greggio e prodotti raffinati russi, per via degli effetti diretti ed indiretti delle sanzioni occidentali.
La perdita delle forniture russe potrebbe arrivare a 3-4 milioni di barili al giorno
L’AIE ha pubblicato la sua prima stima ufficiale sulle forniture russe perse la scorsa settimana … ed è impressionante. L’agenzia stima un tonfo del 25% della produzione russa a partire da aprile. In altre parole …
Un mercato petrolifero globale già vulnerabile potrebbe perdere 3 milioni di bbl/d a partire dal mese prossimo.
Se queste stime si riveleranno anche lontanamente corrette, il mercato rialzista di oggi potrebbe rapidamente trasformarsi in una crisi energetica. Questo perché gli ultimi dati sulle scorte rivelano che, al momento, il mercato petrolifero non ha la possibilità di gestire neanche una mancanza di un milione di barili al giorno, figuriamoci 3-4 milioni di bbl/d.
Scorte petrolifere globali a livelli pericolosamente bassi
Nell’ultimo aggiornamento mensile dell’AIE, l’agenzia riportava un mostruoso ribasso di 60 milioni di barili dalle scorte globali a dicembre. I primi dati di gennaio hanno rivelato un ulteriore calo di 13,5 milioni di barili, che pone le scorte globali ai minimi pluridecennali.
Per avere un’idea più in tempo reale della situazione delle scorte, possiamo esaminare i dati settimanali degli Stati Uniti. Nelle ultime settimane, il totale delle scorte petrolifere statunitensi è sceso sotto il miliardo di barili per la prima volta dal 2011, e al momento si attesta ai livelli più bassi dal 2008:
Domani, esamineremo gli ultimi trend delle scorte per capire quali potrebbero essere le prospettive per colmare potenzialmente un buco delle forniture da 3-4 milioni di bbl/d.
Contenuto pubblicato originariamente su Ross Report.