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Prevale l’avversione al rischio: giù le borse, su l’oro

Pubblicato 29.06.2020, 10:36
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Scivolone per i mercati azionari asiatici in avvio di settimana dopo la chiusura ampiamente negativa di New York, sull’onda delle crescenti apprensioni per una seconda ondata di contagi che hanno pesato sul sentiment degli investitori.

Questa volta il Nasdaq ha sofferto quanto gli altri indici: le azioni di Facebook (NASDAQ:FB) sono precipitate dell’8,32% sulla notizia che sempre più società congeleranno la spesa per la pubblicità sulla piattaforma di social media a causa dei contenuti inappropriati. Fra queste società vi sono giganti quali Starbucks, PepsiCo, e Levi’s. Considerando che gran parte dei ricavi di Facebook deriva dalla pubblicità - solo nell’ultimo trimestre fino a $17 miliardi - questa decisione avrà probabilmente un impatto drammatico sui ricavi futuri di Facebook, e quindi anche sul prezzo delle sue azioni.

E c’è un’altra notizia sconfortante sul fronte societario: Chesapeake Energy, una delle principali società per l’estrazione di petrolio da scisti bituminosi, ha presentato istanza di fallimento. Il lockdown dovuto al coronavirus è stato fatale per la società, già in crisi e fortemente indebitata da anni. La bancarotta di Chesapeake ricorda a chi investe in titoli petroliferi che alcune società ora vivono ai limiti delle proprie possibilità, con il timore che una seconda ondata di contagi possa portare a una ripresa più lenta della domanda globale e al protrarsi di condizioni di mercato depresso.

D’altro canto, la caduta di Chesapeake è positiva per la sovreccedenza di scorte globali, perché, per anni, per anni, il gigante degli scisti bituminosi è stato in parte responsabile del rapido accumularsi di scorte globali, con un impatto negativo sui prezzi del petrolio. Potremmo dunque assistere a un calo limitato del WTI, anche se l’avversione al rischio sul mercato dovrebbe incoraggiare un nuovo test del supporto pari a $37 al barile e spingere a una correzione più marcata, verso la soglia dei $35.

Il Nikkei ha perso più del 2% a Tokyo, con le vendite al dettaglio giù del 12,3% a/a nel mese di maggio, più di quanto previsto dagli analisti. In calo anche l’ASX (-1,94%), l’Hang Seng (-1,20%) e il Composite di Shanghai (-0,81%).

L’attività sui futures europei suggerisce un mesto avvio di settimana anche nel vecchio continente. Il FTSE 100 potrebbe risentire delle nuove vendite nel comparto energetico: i crescenti timori di nuove ondate di vendite legate al Covid e il pessimismo per la bancarotta di Chesapeake probabilmente peseranno sui titoli energetici globali.

Sul forex, il dollaro USA si è indebolito contro gran parte delle altre valute G10 ed è aumentata la domanda di yen, franco svizzero e titoli del Tesoro USA. Il rendimento dei decennali USA è sceso allo 0,64%.

Permane il consenso sui lunghi in euro contro l’USD debole, giacché rimane intatta la storia della ripresa europea e non vi sono segnali allarmanti circa un aumento dei casi di coronavirus. Nei paesi europei le riaperture procedono a passo spedito e c’è ferma convinzione circa l’imminente approvazione del pacchetto di aiuti fiscali da 750 miliardi di euro, che darà un’altra spinta alla moneta unica. Cali del prezzo sotto la soglia a 1,12 potrebbero dunque costituire interessanti opportunità di acquisto sui minimi per i trader che operano sulla storia della ripresa dell’euro, a patto che la coppia rimanga sopra il cruciale ritracciamento di Fibonacci a 1,1160 (livello importante, pari al 38,2% sulla ripresa in atto da aprile a giugno). Gli ultimi dati CFTC confermano un altro aumento delle posizioni speculative nette sull’euro.

Il cable consolida le perdite sotto la sua media mobile a 100 giorni (1,2395). Per la sterlina, i rischi rimangono inclinati al ribasso a causa delle incertezze sulla Brexit, anche se il fatto che la scadenza decisiva sia stata rinviata a ottobre dà sollievo ai trader di breve termine. Probabilmente la media mobile a 200 giorni, pari a 1,27, arginerà il potenziale al rialzo.

I rischi persistenti sui mercati globali e il calo dei rendimenti dei titoli di Stato continuano a far convogliare il capitale verso l’oro. Lunedì il prezzo di un’oncia ha superato i $1770, dopo essere rimbalzato da $1750 venerdì scorso. Ora il livello a $1750 costituisce un supporto critico per i trader del petrolio, anche se la media mobile a 50 giorni ($1722) dovrebbe offrire una solida rete di sicurezza nell’eventualità di un inaspettato sfondamento al ribasso di questo supporto.

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