Nel breve periodo, l'economia dipende in gran parte dall'andamento della domanda e dalle decisioni delle banche centrali. Su orizzonti temporali più lunghi, la crescita economica è guidata da altri fattori, primo fra tutti la crescita della produttività. Senza crescita della produttività un miglioramento del reddito pro capite sarebbe impensabile. Ciò detto, ci si chiede perché è davvero così importante la produttività del lavoro e perché essa preoccupa così tanto sia Powell che la Lagarde. Innanzi tutto, la produttività del lavoro è uguale al valore produzione (output) diviso il numero di lavoratori e misura il grado di efficienza degli stessi nel processo produttivo. La settimana scorsa, il US Bureau of Labor Statistics ha rilasciato i dati sulla produttività del settore non agricolo degli Stati Uniti assieme a quelli del costo unitario del lavoro, su base trimestrale annualizzata. Il rapporto recita che la produttività del lavoro del settore non agricolo è aumentata solo dello 0,3% nel primo trimestre del 2024, dopo un aumento del 3,5% nei tre mesi precedenti. Inoltre, si è trattato dell’aumento più debole dal trimestre gennaio-marzo del 2023. Un altro dato, non riportato e indispensabile per calcolare il costo unitario del lavoro, è la retribuzione oraria del settore non agricolo, che è cresciuta del 5% nel primo trimestre 2024. Dulcis in fundo, i costi unitari del lavoro che sono aumentati del 4,7% nel primo trimestre del 2024, dopo essere rimasti invariati nel periodo precedente. È chiaro che sono tutti dati preliminari, ma fanno sicuramente un certo effetto e giustificano ancor di più la scelta di Powell di lasciare invariati i tassi di interesse.
Il forte aumento del costo unitario del lavoro è dovuto in parte all’aumento, oltre le stime, della retribuzione oraria del settore non agricolo, ma ancor di più al forte calo della produttività. Per i meno avvezzi, il costo unitario del lavoro è calcolato dividendo la retribuzione oraria per la produttività del lavoro (output per ora). Ad un lettore meno attento questi dati, alla fine, potrebbero sembrare poco importanti, ma per gli economisti sono molto interessanti e spiegano, in parte, l’aumento dell’inflazione degli ultimi mesi. Infatti, un aumento del costo unitario del lavoro è benzina per la spirale salari prezzi che, talaltro, ha spinto anche la Lagarde a ritardare il primo taglio dei tassi interesse. I due grafici sono abbastanza eloquenti. Nel primo è evidente come l’aumento della retribuzione oraria e la bassissima crescita della produttività abbiano spinto all’insù il costo unitario del lavoro. Nel secondo, ho inserito il tasso di variazione su base annua della produttività del lavoro e del CPI. Osservate come le due linee sono perfettamente e inversamente correlate. Quando aumenta la produttività del lavoro diminuisce l’inflazione, mentre quando la produttività cala, l’inflazione si impenna. In fondo, l’economia non è complicata, bisogna solo saperla leggere.