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Qual è la forza dominante sui prezzi del petrolio al momento? Non è Omicron

Pubblicato 16.12.2021, 13:10
CL
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La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 16 dicembre 2021

Mentre si avvicina la fine dell’anno, è l’inflazione ad essere diventata uno dei più grandi temi immediati per l’economia globale. Sul mercato del greggio, sebbene si continui a parlare delle questioni legate al COVID, per i trader forse è più importante capire come l’inflazione (e la paura di un’inflazione più alta) colpirà i movimenti di prezzo del petrolio, in salita o in discesa.

Crude Oil WTI Weekly Chart

Nonostante il numero di casi di COVID stia salendo ancora per via della variante Omicron, e malgrado il suo potenziale impatto su economia e viaggi, l’inflazione potrebbe essere una forza rialzista di compensazione (o forse dominante) sui prezzi del greggio.

In base all’indice sui prezzi al consumo (IPC), l’inflazione nel 2021 negli Stati Uniti al momento è al 6,8%, con l’aumento più rapido dal giugno 1982. Secondo l’indice sui prezzi alla produzione, i prezzi all’ingrosso sono cresciuti ancora di più: al 9,6%.

L’inflazione è una preoccupazione talmente grande che persino la statunitense Federal Reserve si è spaventata, annunciando ieri che intende alzare i tassi di interesse nel 2022.

Quando l’inflazione sale, si ha una corrispondente forza rialzista sul prezzo del petrolio. I produttori petroliferi stanno affrontando costi più alti per qualsiasi cosa, dalla forza lavoro, ai trasporti, alle parti. Inoltre, anche il valore del dollaro che ottengono per vendere il greggio è sceso. Di conseguenza, il desiderio di vendere ogni barile di greggio ad un prezzo più alto aumenta, creando una pressione rialzista sul prezzo.

Ho già parlato dell’inflazione, soprattutto lo scorso inverno e in primavera, quando ne aumentavano i segnali. A marzo, dopo che il governo statunitense ha approvato 4,8 mila miliardi di spese di stimolo, avevo messo in guardia dal potenziale di svalutazione del dollaro. Quando succede, i produttori non-USA sono spinti a vendere il loro petrolio ad un prezzo in dollari più alto, perché vogliono mantenere il valore del prezzo una volta convertito in valuta locale.

Ricordiamoci che il petrolio non è solo una materia prima speculativa scambiata sulle piazze. Ci sono dei veri produttori che firmano contratti per venderlo alle raffinerie. Nel 2022 avranno bisogno di prezzi più alti che mai per ottenere lo stesso valore di prima.

Mentre il 2021 si avvia alla fine e comincia il 2022, il COVID e le relative restrizioni presentano ancora un panorama economico incerto. Ci sono timori per il tipo di minaccia rappresentata dalla variante Omicron, il potenziale di continue o maggiori restrizioni sui viaggi, chiusure delle grandi università americane e proteste in tutta Europa.

Alcuni analisti avvertono che i prezzi del greggio potrebbero crollare verso i 50 o 40 dollari, in particolare dopo il sell-off del Black Friday a fine novembre. Ma è importante per i trader ricordare che non siamo di nuovo nella situazione del 2020. Il 2022 sarà diverso dal 2020, in parte perché abbiamo già vissuto l’isteria per il COVID.

E soprattutto il 2022 sarà diverso dagli altri anni perché oggi il mercato petrolifero sta affrontando un’estrema inflazione, e potenzialmente una ancora più alta in arrivo. Ciò significa che il mercato petrolifero si trova davanti ad una forza significativa che spingerà su i prezzi, o che almeno gli impedirà di scendere troppo.

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