- L’S&P 500 registra il suo quarto peggiore inizio d’anno della storia
- L’indice al momento combatte un’importante resistenza
- Malgrado l’attuale tonfo, siamo in uno dei più costosi mercati bearish degli ultimi 70 anni in base al rapporto P/E dell’indice
- 1974: Primi 183 giorni: -30,6%/Intero anno: -29,7%.
- 2002: Primi 183 giorni: -26,5%/Intero anno: -23,4%.
- 2001: Primi 183 giorni: -23,3%/Intero anno: -13%.
- 2022: Primi 183 giorni: -22,60%/Intero anno: ?
- 20 settembre: -0,18% (-1,13%)
- 21 settembre: -0,29% (-1,71%)
- 22 settembre: -0,06% (-0,84%)
- 23 settembre: -0,16% (-1,72%)
- 24 settembre: -0,12% (-0,12%)
- 25 settembre: -0,12% (-0,12%)
- 26 settembre: -0,19% (-0,19%)
Il sell-off della scorsa settimana non ha risparmiato nessun settore o classe di asset, con oltre 400 membri dell’S&P 500 che hanno registrato ritorni negativi.
Il -22,60% segnato dall’indice nei primi 183 giorni di scambi è il quarto peggiore inizio d’anno della storia.
L’indice di riferimento statunitense è ormai sceso dell’1% o più 30 volte quest’anno. Il record è quello del 2008, con 34 ribassi, ma ci sono ancora tre mesi prima che finisca l’anno.
E, come se non bastasse, la stagionalità è un altro problema; il periodo che va dal 20 al 26 settembre è storicamente il periodo di 7 giorni peggiore dell’anno. Guardiamo la performance dell’S&P 500 dal 1950 al 2021.
Viene riportata prima la performance storica media e poi, tra parentesi, quella del 2022:
L’indice sta combattendo un importante supporto. Il grafico sotto mostra come sia rimbalzato dal livello di 3660, chiudendo venerdì appena sopra. La giornata di lunedì ha dato un po’ di tregua agli investitori, ma siamo pericolosamente vicini ad un altro ribasso.
Malgrado il generale calo dei prezzi degli asset, la maggior parte dei titoli azionari resta lontana da livelli che rappresentano un affare.
Se consideriamo il minimo annuale del giugno scorso, l’indice era scambiato a 18 volte gli utili, il mercato orso più caro degli ultimi 70 anni. Significa che sta per arrivare un altro ribasso?
Forse. Ma il punto qui è che gli investitori dovrebbero stare attenti alle valutazioni attuali prima di fiondarsi a comprare titoli azionari, anche con un orizzonte a lungo termine.
Fonte: Macrotrends
Sentiment degli investitori (AAII)
- Il sentiment bullish (le aspettative che i titoli azionari saliranno nei prossimi sei mesi) è sceso di 8,4 punti percentuali al 17,7%. Si tratta di una delle 20 letture più basse nella storia delle rilevazioni, che sono cominciate nel 1987. Il sentiment bullish rimane al di sotto della media storica del 38%.
- Il sentiment bearish (le aspettative che i titoli azionari scenderanno nei prossimi sei mesi) è salito di 14,9 punti percentuali al 60,9%. Il pessimismo non era così alto dal 5 marzo 2009 (70,3%). Il sentiment bearish risulta sopra la media storica del 30,5%.
Fonte: AAII
I flussi in uscita dei fondi globali continuano a salire
Sappiamo già che la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse di 75 punti base per la terza volta consecutiva, portandoli sopra il 3%, e le stime suggeriscono che non toglierà il piede dall’acceleratore fino a quando non li avrà portati ad un range compreso tra il 4,25% ed il 4,5%.
Ma si tratta di un trend generalizzato, perché la Fed non è stata l’unica banca centrale ad inasprire la politica monetaria nella settimana. Anche Regno Unito, Svizzera, Norvegia e Svezia hanno inasprito la loro politica monetaria.
I fondi dei mercati monetari hanno registrato afflussi per 30,2 miliardi di dollari nella settimana, mentre i fondi azionari e dei bond globali hanno visto flussi in uscita rispettivamente di 7,8 e 6,9 miliardi di dollari.
Altri mercati ribassisti
Con il calo della scorsa settimana del 2,34%, l’indice di riferimento europeo STOXX 600 ha accumulato un tonfo del 21,2% dai massimi, entrando tecnicamente in mercato orso.
E, se guardiamo il grafico sotto, noteremo che ci troviamo anche qui ad un livello critico, in quanto l’indice sta testando il supporto che aveva impedito la sua caduta a giugno e luglio.
L’indice Bloomberg Commodity Spot Index, che replica i contratti dei future di asset come petrolio, rame e cotone, è crollato di oltre il 3% venerdì e segna già oltre -20% dal massimo di giugno, entrando in mercato orso.
Nota: L’autore al momento non possiede nessuno degli asset menzionati nell’articolo.