La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 28.03.2018
Le notizie provenienti da Arabia Saudita, Russia e Venezuela stanno spingendo il prezzo del greggio questa settimana. Allo stesso tempo, potrebbero esserci delle brutte notizie in merito alla collaborazione OPEC/non-OPEC. Un’osservazione approfondita delle cifre sulla produzione irachena potrebbero indicare che il paese sta sovraproducendo.
Finalmente abbiamo più informazioni sulla possibilità che la Russia e l’OPEC continuino a collaborare a lungo termine.
È giunta voce che il principe ereditario Mohammad bin Salman, in visita in varie città degli Stati Uniti, avrebbe affermato che Russia ed Arabia Saudita starebbero pensando di prorogare l’accordo sui tagli alla produzione. Il principe avrebbe dichiarato che le due parti stanno discutendo della possibilità di un accordo a 10 o a 20 anni, piuttosto che ad un patto da rinnovare di anno in anno.
Prima che gli osservatori dei mercati si entusiasmino troppo per la prospettiva di un patto sui tagli alla produzione per 10 anni, bisogna ricordare che Mohammad bin Salman non è mai stato coinvolto in prima persona nella politica petrolifera e che un tale piano a lungo termine sulla produzione all’interno del settore petrolifero è senza precedenti e probabilmente impossibile.
Il principe ereditario probabilmente si è espresso basandosi su delle informazioni che ha ricevuto riguardanti le discussioni su una collaborazione più permanente tra l’OPEC e i paesi non-OPEC come la Russia.
Molto probabilmente, dalle discussioni è emersa la possibilità di una collaborazione a 10 o a 20 anni e non di un accordo sui tagli alla produzione per 10 o 20 anni.
Se l’OPEC dovesse mai fare un accordo a 10 anni, dovrebbe aggiornarlo di mese in mese perché nessuno - nemmeno l’OPEC - può prevedere i cambiamenti del mercato.
Dal momento che l’OPEC non considera nemmeno accordi più lunghi di un anno per volta e che sta costantemente aggiornando gli accordi, si può presumere soltanto che il principe si sia sbagliato o che intendesse dire che le parti stanno parlando di una collaborazione, non di un accordo.
Soprattutto, gli investitori non devono supporre, basandosi sulle parole del principe, che l’attuale accordo sui tagli alla produzione venga automaticamente prorogato nel 2019. La commissione di controllo OPEC/non-OPEC si incontrerà il 20 aprile a Jeddah, in Arabia Saudita. Quel giorno, la commissione probabilmente consiglierà se l’accordo debba essere prolungato nel 2019 o meno.
L’OPEC prenderà una decisione al riguardo in occasione del vertice di giugno a Vienna.
Intanto, i prezzi del greggio vengono spinti dai problemi sulla produzione in Venezuela.
La produzione petrolifera del paese è scesa significativamente negli ultimi tre mesi, passando da 1,7 milioni di barili al giorno del dicembre 2017 a soli 1,57 milioni di barili al giorno a febbraio.
Possiamo probabilmente prevedere un altro crollo per marzo, per via delle notizie delle agitazioni popolari tra gli operai della compagnia di petrolio e gas Petroleos de Venezuela (PdVSA), di proprietà del governo.
Platts riporta anche che la PdVSA ha intenzione di chiudere tre raffinerie a tempo indefinito per via della mancanza di greggio da raffinare.
Il Venezuela vuole inoltre sospendere le attività di un importante upgrader per effettuare manutenzione ad aprile. Ciò significa che il paese dovrà importare più greggio leggero per diluire quello pesante fino a quando la struttura non tornerà in attività.
E questa potrebbe essere una buona notizia per i fracker americani, dal momento che la maggior parte del greggio che producono ed esportano è del tipo di cui ha bisogno il Venezuela. Tuttavia, la minaccia di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti potrebbe frenare gli esportatori dal fare accordi importanti con il Venezuela.
Finora, le sanzioni non hanno influito sul commercio di petrolio tra Stati Uniti e Venezuela, ma il governo Trump continua a parlare della possibilità di ulteriori sanzioni legate al settore petrolifero.
Tra le altre notizie sull’OPEC, emergono nuove prove che l’Iraq potrebbe stare imbrogliando sulle sue quote di produzione.
In base ai dati di S&P Global Platts, l’Iraq ha prodotto al di sopra della quota in modo cronico per tutta la durata dell’accordo sui tagli alla produzione.
Il tetto dell’Iraq è pari a 4,35 milioni di barili al giorno, ma i dati di Platts rivelano che negli ultimi tre mesi il paese ha prodotto tra i 4,41 e i 4,43 milioni di barili al giorno.
TankerTrackers.com ha esaminato i report iracheni sull’uso diretto di greggio da parte del paese (il greggio che viene bruciato per produrre elettricità e che non viene raffinato né esportato) ed ha scoperto quelle che ritiene essere delle discrepanze che potrebbero indicare che l’Iraq non sta rendendo nota la produzione di altri 36.000 barili al giorno.