La seduta asiatica è stata dominata dal buon andamento dell’azionario cinese. La maggior parte dei mercati azionari asiatici ha sottoperformato, invece Shanghai e Shenzhen hanno guadagnato rispettivamente l’1,4% e l’1,8% (Hang Seng è salito dello 0,71%). In particolare, il Composite di Shanghai si accinge a chiudere sopra la resistenza psicologica chiave a 3.800. Il fattore che ha generato tanto ottimismo sulle piazze cinesi è stato il PMI ufficiale cinese, cresciuto inaspettatamente sopra la soglia dei 50 punti, attestandosi a 50,1 a marzo da quota 49,9, a fronte del previsto calo a 49,7 punti. La maggior parte dei sottoindici ha mostrato un miglioramento, anche se i nuovi ordini sono scesi dello 0,2 a 50,2 punti e l’indice sui nuovi ordinativi per le esportazioni ha ceduto uno 0,2 attestandosi a 48,3 punti. A marzo il PMI non-manifatturiero cinese è sceso a 53,7 punti, rispetto ai 53,9 di febbraio. Appare sempre più evidente che la reazione proattiva di Pechino sta iniziando a pagare in termini di crescita. La quotazione ufficiale della PBoC per l’USD/CNY è salita lievemente, a 6,1434 da 6,1420. Rimaniamo costruttivi sullo CNY, perché riteniamo che i banchieri reagiranno al rallentamento della crescita e tenteranno di gestire l’attuale volatilità. Tuttavia, in quella che potrebbe essere una battuta d’arresto per le aspirazioni dello yuan, il Segretario al Tesoro USA Jack Lew ha dichiarato che, secondo gli USA, lo yuan non viene scambiato abbastanza liberamente da poter essere incluso nel paniere di valute globali (DSP) del FMI. I negoziati fra le sei potenze mondiali e l’Iran hanno superato la scadenza del 31 marzo, senza raggiungere un accordo sul programma nucleare di Teheran. La proroga indica tuttavia sviluppi positivi nelle discussioni. Il greggio Brent è sceso marginalmente, da 56 a 54,78 USD.
In Giappone, il sondaggio Tankan della BoJ riferito a marzo ha mostrato una ripresa debole e in rallentamento. Le aziende manifatturiere non mostrano miglioramenti, a dispetto del calo dei prezzi del petrolio e dello yen debole. La voce riferita alle grandi imprese manifatturiere è rimasta piatta a quota 12 e le previsioni non hanno soddisfatto le attese, attestandosi a 10 punti, a fronte dei 16 previsti, seppure in rialzo rispetto ai 9 punti di febbraio. Le aziende non-manifatturiere hanno fatto registrare un miglioramento del sentiment, in rialzo di 2 punti a quota 19. Prevediamo che il rallentamento della crescita e dell’inflazione richiederà altri stimoli, anche se l’efficacia nel lungo termine sembra limitata. L’inizio dell’anno fiscale giapponese e la debolezza dell’indice Tankan hanno fatto scendere il Nikkei dello 0,41%, e il riverbero si è sentito anche sullo JPY. L’USD/JPY è rimasto all’interno di fasce, scendendo a 119,45 prima di rimbalzare a 120,02. Il supporto dell’USD/JPY a 118,90 dovrebbe limitare eventuali mosse al ribasso. La coppia GBP/JPY ha avuto un andamento a singhiozzo, scendendo inizialmente a 177,40 per poi compiere un rally fino a 178,48 e stabilizzarsi intorno al manico a 178,00, anche se la domanda è stata debole, segnale di futuri rischi al ribasso. In Australia i permessi di costruzioni sono scesi del 3,2% m/m a febbraio (a fronte del -4 previsto) da un rialzo rivisto pari al 5,9% a febbraio. Inoltre, l’indice AIG sull’andamento del manifatturiero è cresciuto marginalmente, attestandosi a marzo a 46,3 punti rispetto ai 45,4 precedenti. L’AUD/USD è salito a 0,7664 in scia ai dati discreti prima di cedere i guadagni precedenti. Poiché torna ad essere attuale un possibile taglio del tasso della RBA, gli operatori si concentreranno sul minimo di marzo a 0,7560.
Durante la seduta europea sarà diffusa una lunga serie di PMI. I PMI manifatturieri definitivi dovrebbero rimanere per lo più invariati rispetto alla stima flash, a 51,9 punti per l’Eurozona, 52,4 in Germania e 48,2 in Francia. Ci potrebbe essere un rialzo marginale nella periferia di Eurolandia, ma l’entità sarà limitata. Detto questo, poiché negli USA saranno diffusi molti dati (s’inizia oggi con il dato ADP) e vista la confusione intorno ai negoziati per le riforme in Grecia, questi saranno i temi principali e i dati europei passeranno in secondo piano. La saga greca continua a trascinarsi e sembra che non si raggiungerà un accordo prima di Pasqua. Nonostante le reazioni disinvolte e spensierate dei politici greci ed europei (che mirano ovviamente a proiettare un’immagine di calma e cameratismo), Atene farà fatica a rimborsare i debiti in scadenza, come quello del FMI, a partire dal 9 aprile. Infine, il bilancio della BCE si sta gonfiando (2.246 mld) per effetto dei massicci prestiti alle banche attraverso le TLTRO e l’acquisto di titoli di Stato della BCE. Rimaniamo decisamente negativi sull’EUR/USD. La chiusura di ieri, inferiore alla media mobile 21 giorni a 1,0780, indica un movimento ribassista verso 1,0458.