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Sospese di nuovo le borse cinesi, greggio ai minimi da 11 anni

Pubblicato 07.01.2016, 12:28
Aggiornato 07.03.2022, 11:10

Market Brief


Il mercato azionario è stato nuovamente oggetto di pesanti vendite in Asia. A soli 30 minuti dall’inizio delle contrattazioni, i titoli cinesi sono stati sospesi, l’indice CSI 300 perdeva quasi il 7%. L’indice ha chiuso la seduta a -6,93%, gli indici compositi di Dow Jones Shanghai e Dow Jones Shenzhen hanno ceduto rispettivamente il 7,04% e l’8,24%.

La Commissione cinese per la regolamentazione della borsa ha reso più stringenti le regole per le contrattazioni, nel tentativo di contenere le vendite, dichiarando che, dal 9 gennaio, gli azionisti principali non potranno vendere più dell’1% del capitale quotato della società nell’arco di tre mesi. Anche gli altri mercati asiatici sono stati colpiti dalle vendite, ma non a questi livelli. A Hong Kong, l’Hang Seng ha ceduto il 2,60%, l’S&P/ASX 200 australiano è sceso del 2,20%, FTSE Singapore è arretrato del 2,52%, mentre in Nuova Zelanda l’indice Dow Jones New Zealand si è comportato piuttosto bene, rispetto ai suoi omologhi, cedendo solo lo 0,78%.

Le borse si muovono in terreno sempre più negativo a livello mondiale e a questo punto ci pare lecito chiedersi se si tratti di una reazione dovuta al panico oppure l’inizio di una crisi. Negli ultimi mesi, l’impostazione attendista del mercato ha mostrato che gli investitori non trovavano ragioni valide per far salire le azioni e che si profilava una fase di correzione dovuta all’aumento dell’incertezza. Anche i future sui listini europei sono in rosso in scia al diffondersi dei timori; il DAX cede il 2,95%, il CAC il 2,63%, il Footsie il 2,10% e l’SMI l’1,67%.

Sul mercato dei cambi, in questi giorni caratterizzati dal panico, gli investitori continuano a preferire le valute considerate rifugi sicuri. Lo yen giapponese e il franco svizzero hanno fatto registrare l’andamento migliore in Asia, con un rialzo dello 0,38% e dello 0,23% contro il biglietto verde. Anche l’oro ha tratto vantaggio dalla situazione, guadagnando lo 0,34%, seguito a ruota dall’argento, in rialzo dello 0,31%. La coppia USD/CHF si sta riprendendo dalle vendite d’inizio seduta e, mentre scrivo, passa di mano intorno a 1,0050. L’USD/JPY ha violato il forte supporto a 118,07 (minimo 15 ottobre), ma deve ancora confermare la violazione prima di dirigersi verso la prossima area di resistenza, compresa fra 116,18 e 115,57. Quest’ultimo livello è molto forte, ci aspettiamo pertanto un rimbalzo intorno a questi livelli, se sarà davvero raggiunto. Nel complesso, nel breve termine lo yen giapponese dovrebbe continuare ad essere richiesto.

Oltre alla disfatta del mercato azionario, a dominare le pagine economiche è il greggio, le cui quotazioni sono scese ai minimi da 11 anni. Il greggio WTI (West Texas Intermediate) ha ceduto un altro 5,25%, raggiungendo quota 32,18 USD, il suo omologo del Mar del Nord, il Brent, passa di mano intorno a 32,23 USD, in calo del 5,84%. Ovviamente, le valute legate alle materie prime hanno esteso le perdite, con l’AUD in calo dello 0,34% contro l’USD e il CAD a -0,36%. La NOK ha ceduto lo 0,18%; dopo aver fatto registrare un calo del 3,60% dall’inizio dell’anno, il kiwi (NZD) si è ripreso, guadagnando lo 0,20%.

Oggi gli operatori si concentreranno su vendite al dettaglio e ordinativi alle fabbriche in Germania; tasso di disoccupazione in Danimarca; indice Halifax sui prezzi delle abitazioni nel Regno Unito; fiducia dei consumatori nell’Eurozona; produzione industriale in Brasile; richieste iniziali di disoccupazione negli USA. Nel pomeriggio sono inoltre previsti gli interventi di Lacker ed Evans della Fed.

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