Segni misti per le borse statunitensi hanno caratterizzato le chiusure di venerdì, giornata nella quale i dati del mercato del lavoro hanno evidenziato un’economia ancora vivace e resiliente a marzo.
Degni di nota i 303 mila nuovi posti di lavoro nel settore agricolo, in netto incremento rispetto alle attese; il dato porta con se la crescita più alta da maggio dello scorso anno.
Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,8% (attese al 3,9%), mentre i salari sono saliti del 4,1% anno su anno in linea con le attese e in calo rispetto al 4,3% del mese precedente.
Mancano all’appello i dati sull’inflazione: gli operatori sono consapevoli che tale fattore potrà influenzare la decisione della Fed sul taglio del costo del denaro a giugno, anche se il mercato sembra già aver tirato le sue conclusioni.
Infatti la scorsa settimana sono aumentati i timori tra gli investitori che un forte mercato del lavoro e un’economia resiliente potrebbero allontanare il primo taglio dei tassi preventivato a giugno, con una FED attendista più del previsto. Inoltre, il presidente della Fed di Minneapolis Kashkari, ha ammesso di chiedersi se sia il caso che la Fed tagli i tassi in un contesto in cui l’inflazione rimane persistente.
I dati sui prezzi al consumo verranno diffusi mercoledì. Ad oggi, secondo il CME FedWatch Tool, i mercati continuano ad aspettarsi la prima riduzione del costo del denaro a giugno con una probabilità di circa il 50%, mentre per il meeting di luglio sale al 70%. Questa settimana l’attenzione degli operatori del settore, oltre ai dati macro USA, sarà rivolta anche alla riunione di politica monetaria della BCE e alla consueta conferenza stampa della presidente Lagarde, in programma per giovedì.
CONTESTO MACRO ATTUALE: Sovrappesare o meno l’azionario USA?
Anche se il comparto obbligazionario governativo continua ad essere molto appetibile, con un’attenzione particolare rivolta ai rating superiori ad A per S&Poor’s visto un Fly to Quality potenzialmente nascosto dietro l’angolo, è domanda ricorrente se incrementare le posizioni azionarie sull’America o altrove al fine di massimizzare il trend di crescita in atto.
Non sorprende che le azioni statunitensi abbiano sovraperformato negli ultimi cinque anni, visto il PIL nazionale che è cresciuto di oltre un quarto, mentre il resto del mondo è rimasto stagnante.
E’ possibile che tale divario di crescita potrebbe colmarsi nel corso dei prossimi due anni, poiché almeno una parte di esso sia dovuta all’enorme stimolo monetario e fiscale che gli Stati Uniti hanno applicato nel post pandemia. Mentre questo impulso inizia a svanire, un deficit di bilancio al 6% renderà un futuro ciclo rialzista e conseguenti scelte di gestione più complesse.
Al contrario, l’Unione Europea deve ancora spendere i suoi 750 miliardi di euro di fondi per la ripresa dalla pandemia e un deficit pubblico medio di circa il 3% le dà indubbiamente più margine fiscale.
E’ pacifico che la rinnovata importanza della sicurezza militare, energetica e della catena di approvvigionamento abbia cambiato la politica della spesa pubblica in Europa.
Sembra inoltre sempre più probabile che l’Europa possa tagliare i tassi di interesse prima degli Stati Uniti, con la Banca Nazionale Svizzera in netto anticipo su tutti e alcuni dei policymaker della BCE in prima linea per sollecitare un taglio dei tassi a giugno, al di là delle scelte d’oltreoceano.
Buon Investing!