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S&P 500 e Nasdaq schizzano con il calo dell’inflazione

Pubblicato 15.11.2023, 09:58

L’azionario statunitense è schizzato ieri in scia alla pubblicazione dell’indice sui prezzi al consumo (IPC) di ottobre, risultato inferiore alle attese. 

Il fatto che il mercato non si aspettasse un dato più debole suggerisce una risposta positiva ai dati. Il report di ieri è considerato una buona notizia per la Federal Reserve e probabilmente contribuirà ad escludere un aumento dei tassi a dicembre. 

Il dato IPC debole alimenta il rally dei titoli azionari

L’inflazione sottostante USA, misurata dall’indice sui prezzi al consumo core che esclude i costi di alimentari ed energetici, è salita meno del previsto ad ottobre. Secondo i dati del Bureau of Labor Statistics (BLS), l’indice IPC core è salito dello 0,2% da settembre, mentre gli analisti si aspettavano un balzo di 30 punti base.

Gli economisti spesso considerano l’indicatore core più affidabile rispetto al dato generale, che include componenti più volatili come i prezzi di alimentari ed energetici. L’IPC complessivo è rimasto limitato ad ottobre, a causa dei prezzi più bassi della benzina. 

L’inflazione è aumentata del 3,2% su base annua ad ottobre, una decelerazione rispetto al 3,7% di settembre. Si tratta del primo calo in tre mesi. Su base mensile, l’IPC ha registrato 0,0%, in calo dallo 0,4%. Le aspettative degli economisti erano di un incremento annuo del 3,3% e dello 0,1% rispetto al mese prima. 

Analizzandolo nel dettaglio, il report IPC rivela numerosi trend interessanti. L’indice relativo alle abitazioni ha continuato a salire, compensando il calo dell’indice sulla benzina, risultando in un indice destagionalizzato stabile. 

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L’indice sull’energia è sceso del 2,5%, soprattutto a causa del calo del 5% dell’indice sulla benzina, mentre l’indice sui generi alimentari è salito dello 0,3%. Il cibo in casa e il cibo fuori casa hanno contribuito all’aumento generale, dice il BLS.

Considerando le variazioni annuali, l’indice che comprende tutti gli elementi è salito del 3,2% nei 12 mesi terminati ad ottobre, in calo dal +3,7% di settembre. Esclusi alimentari ed energetici, l’indice è salito del 4,0% negli ultimi 12 mesi, la variazione su 12 mesi minore dal settembre 2021. L’indice energetico è sceso del 4,5% e l’indice alimentare è salito del 3,3% nell’ultimo anno.

Sul fronte dei compensi, la media reale dei compensi settimanali ha visto un calo dello 0,1% su base mensile ad ottobre. Tuttavia, la media reale dei compensi orari è salita dello 0,2% su base mensile. Su base annua, la media reale dei compensi orari è aumentata dello 0,8% ad ottobre. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la media reale dei compensi settimanali è scesa di 0,11 dollari, per un totale di 379,11 dollari.

La Fed difficilmente alzerà i tassi a dicembre e gennaio

Secondo lo strumento FedWatch del CME, al momento c’è una probabilità del 99,7% che la Fed lasci i tassi invariati al prossimo vertice di dicembre. Allo stesso modo, il mercato mette in conto una probabilità di appena il 4% per un aumento dei tassi a gennaio. 

Nel complesso, il mercato ora vede una probabilità di meno del 10% che la banca centrale alzi i tassi più dell’attuale range del 5,25%-5,50%.

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“In un contesto in cui il mercato inizia a giocare con il cambiamento delle aspettative sul ciclo dei tassi mentre le banche centrali continuano a respingere qualsiasi idea di taglio dei tassi, è lecito attendersi una maggiore volatilità dei tassi”, scrivono in un report gli analisti di ING.

Mentre scendono le probabilità di ulteriori aumenti della Fed, il mercato sposta l’attenzione sui tagli previsti nel secondo semestre, man mano che la crescita economica statunitense rallenta. Il colosso bancario elvetico UBS vede la Fed tagliare i tassi di ben 275 punti base nel 2024.

In base alle previsioni triennali di UBS a partire dal 2024, la banca si aspetta che gli attuali venti contrari persistano oltre il 2023.

Gli economisti della banca suggeriscono che “ben pochi dei supporti alla crescita che hanno permesso al 2023 di superare questi ostacoli continueranno nel 2024”.

Dunque, la Fed sarà costretta a tagliare i tassi “prima per impedire al tasso dei fondi nominale di diventare sempre più restrittivo col calo dell’inflazione, e poi nel corso dell’anno per evitare un indebolimento economico”, scrivono gli economisti di UBS.

Malgrado il ciclo di aumento dei tassi più aggressivo dagli anni Ottanta, il PIL reale è cresciuto del 2,9% nell’anno terminato nel terzo trimestre. Tuttavia, UBS anticipa una contrazione dell’economia di mezzo punto percentuale a metà del prossimo anno. 

La banca elvetica si aspetta che la crescita annuale del PIL rallenti significativamente ad appena lo 0,3% nel 2024, insieme ad un aumento della disoccupazione a quasi il 5% entro la fine dell’anno.

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“Con questo ulteriore impulso disinflazionistico, ci aspettiamo che l’allentamento della politica monetaria il prossimo anno guidi la ripresa nel 2025, spingendo la crescita del PIL di nuovo a circa il 2-1/2%, limitando il picco del tasso di disoccupazione al 5,2% all’inizio del 2025. Prevediamo un certo rallentamento nel 2026, in parte a causa del previsto consolidamento fiscale”.

Sintesi

I titoli azionari e i Treasury USA sono schizzati in scia alla pubblicazione del report IPC di ottobre, risultato inferiore alle attese. Questo ha alimentato la sensazione dei mercati che la Federal Reserve difficilmente implementerà altri aumenti dei tassi di interesse. L’indice IPC core, che esclude le componenti volatili di alimentari ed energetici, è salito dello 0,2% ad ottobre rispetto al mese prima, meno dello 0,3% previsto.

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Shane Neagle è l’EIC di The Tokenist. Consulta la newsletter gratuita di The Tokenist, Five Minute Finance, per un’analisi settimanale delle principali tendenze nel campo della finanza e della tecnologia.

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anche io auspicò npiccolo Rally per dicembre.nb per mei problemi sono geopolitici
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