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TIM sul prezzo dell'Opa: la partita è solo all'inizio

Pubblicato 25.11.2021, 12:02
Aggiornato 12.03.2019, 08:00

Telecom Italia (MI:TLIT) ci ha messo tre di giorni ad allinearsi al prezzo dell’Opa ma ora ci siamo e il passaggio di mano del 27% del capitale. 

La storia però non è finita.

Gli offerenti, sulla carta si possono accontentare di arrivare al 51% del capitale, ma è verosimile che per poter lavorare con tranquillità alla riorganizzazione delle attività, abbiano bisogno della quiete che solo la lontananza dal mercato azionario garantisce. Per poter creare valore e legittimare l’esborso di tanti miliardi (11 per ora), KKR deve avere le mani libere, sia per quanto riguarda le autorità di controllo, che per quanto riguarda i soci di minoranza.  

Lo Stato, secondo socio attraverso Cassa Depositi e Prestiti, pare abbia detto sì. Ma Vivendi (PA:VIV), primo socio con il 24,7% del capitale ha più di una ragione per dire no. Consegnare le azioni vorrebbe dire innanzitutto che la campagna d’Italia lanciata più di cinque anni fa ha avuto un esito di certo non all’altezza di quel che Parigi si aspettava: una infinita contesa legale per il controllo di Mediaset (MI:MS) ed un’uscita con poca gloria da Tim. Quel che più conta però, è la maxi minusvalenza che la società francese si accollerebbe: la quota nella società della telefonia è in carico a 0,83 euro. 

E’ quindi possibile che il fondo statunitense abbia messo in conto di aumentare l’offerta per provare almeno ad avvicinarsi ad un prezzo che permetterebbe a Vivendi di uscire senza molti danni. Pare che il governo italiano, volendo dare retta a quel che scrive la Repubblica, stia cercando di trovare una soluzione gradita sia Vivendi che all’Eliseo, in vista anche dell'accordo di cooperazione italo-francese che sarà firmato da Mario Draghi e Emmanuel Macron. 

Bloomberg ha riferito ieri che KKR è già al lavoro su un rilancio che potrebbe portare il prezzo dell’Opa intorno a 0,70-0,80 euro per azione. Ma un ritocco fino a 0,90 euro potrebbe rendersi necessario per convincere i francesi. 

Va detto però, che secondo altri media KKR è fermo sulle sue posizioni e non intende rischiare di spingersi troppo in alto, in quanto rischierebbe di mettere a rischio il suo tornaconto in un’operazione ad alto grado di complessità. Tim ha in pancia debiti per circa 17 miliardi di euro ed il ratio con l’Ebitda non permette di procedere con il rodato meccanismo dei fondi di private equity: compro a debito, scarico sull’acquisita il debito, rilancio il business ed esco dopo 3-5 anni.

Secondo Intermonte, Tim può arrivare a valere, includendo le future valorizzazioni degli asset, circa 0,85 euro.   

Come scriveva ieri IlSole24Ore, per poter avere successo, KKR deve procedere con lo scorporo della rete per offrirla "a termine" alla CDP, orientativamente dopo qualche anno, a riassetto completato. In questo scenario sarebbe poi la CDP a decidere se tenere due partecipazioni distinte nella rete Telecom (MI:TLIT) e in Open Fiber oppure se realizzare la "rete unica". L’obiettivo, secondo il quotidiano, potrebbe essere quello di replicare il modello Terna (MI:TRN), ovvero di separare la parte dei servizi dalla parte infrastrutturale. Un po’ come con le ferrovie: c’è una società che di occupa dei binari ed un’altra che fa viaggiare i treni.

I passaggi sono complicati, ma il fondo ha deciso che vale almeno la pena di provarci, anche perché per ora il coinvolgimento nella telefonia italiana sta andando bene. L’investimento nella rete secondaria di TIM (FiberCop), ad oggi frutterebbe a KKR un rendimento annuo dell'8-9%.

Nel caso emergessero altre complicazioni e non si arrivasse ad un accordo con i francesi, con i sindacati e con la politica, nella partita potrebbe entrare Poste Italiane (MI:PST). L’amministratore delegato Matteo Del Fante, secondo Dagospia, avrebbe già dato al governo la sua disponibilità a schierarsi con CDP. 

A complicare ulteriormente il quadro, ma solo all’apparenza, c’è la permanenza alla guida della società del ceo Luigi Gubitosi: la Repubblica dice che potrebbe essere sfiduciato a breve. Contrario al suo allontanamento sarebbe invece il governo, anche perché si rischierebbe di alzare un polverone politico. Ma in questo momento, chi sia il capo azienda di Tim, vista la partita in corso, non è poi così rilevante: quel che conta è scritto nei libri contabili della società, non ancora valutati con attenzione da KKR. E’ probabilmente questa la principale incognita sull’operazione.

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