“La società è permissiva nelle cose che non costano nulla.” (Enzo Biagi)
I mercati azionari europei hanno chiuso in deciso ribasso mercoledì (FTSE Mib -1,5%), perdendo tutti i guadagni iniziali. Tra i settori peggiori figurano Auto e Ricambi, Utilities, Real Estate, Food/Beverage e Banche, mentre il settore dei Servizi Finanziari, Viaggi/Tempo Libero e Media sono rimasti in positivo. Negli Stati Uniti, invece, l’S&P 500 e il Nasdaq si avviano a nuovi record, sostenuti dal rally di martedì in cui tutti i principali indici hanno guadagnato oltre l’1%. Gli investitori stanno valutando le implicazioni della vittoria elettorale di Trump, con scenari di un controllo repubblicano di Camera e Senato. Per ora il principale vincitore del Trump Trade è Bitcoin, salito di oltre il 6% su nuovi massimi di tutti i tempi. Bene anche le mid-small cap: Russel 2000 +5,4%, indice delle banche regionali +12%. Nella precedente amministrazione Trump avevano sovraperformato il mercato. La certezza del risultato elettorale rappresenta un elemento positivo per il mercato USA, soprattutto in un contesto di posizionamento difensivo osservato nelle ultime settimane. Ulteriore supporto proviene dal calo dell’indice VIX, sceso già sotto quota 20 (-20% in una seduta), e dalle prospettive di acquisti sistematici da parte dei fondi. Gli strategist statunitensi vedono inoltre nella stagionalità di fine anno un fattore favorevole, poiché novembre è storicamente uno dei migliori mesi per i flussi azionari, specialmente negli anni elettorali.
L’impatto di Trump sull’Europa
In Europa, l’elezione di Trump ha sollevato preoccupazioni per il commercio, la crescita economica e le politiche delle banche centrali. Tra i settori più vulnerabili si segnalano le Auto, con timori di nuove tariffe sui veicoli importati negli USA, come promesso da Trump in campagna elettorale. Tuttavia, il CEO di BMW ha sottolineato che tali tariffe potrebbero paradossalmente giovare alla casa tedesca grazie alla sua forte base produttiva negli Stati Uniti. Anche il settore delle Utilities è visto come esposto, soprattutto per i progetti di energia eolica offshore, che potrebbero subire rallentamenti sotto l’amministrazione Trump. Se da un lato il credito d’imposta per l’eolico onshore sembra sicuro, gli analisti temono che nuove tariffe possano comunque impattare sugli utili e aumentare i rischi normativi, soprattutto per le aziende esposte al mercato USA. Il settore bancario, in particolare gli istituti con esposizione alla Cina e al Messico, potrebbe soffrire qualora Trump intensificasse le politiche tariffarie. Il sell-side europeo ha sottolineato che le promesse commerciali di Trump, inclusi i dazi, potrebbero ridurre la crescita europea (si stima sino a -1% di PIL) e alimentare l’inflazione. Nomura ha evidenziato che eventuali misure di ritorsione da parte della Commissione Europea potrebbero aumentare l’inflazione o, se assorbite dalle imprese, portare a chiusure, con un impatto sull’occupazione. ING ha osservato che le politiche commerciali di Trump, mirate a creare una parità competitiva, potrebbero pesare in particolare sulle economie aperte dell’Europa, dove la crescita stagnante rende complesso compensare le perdite con l’export. Rabobank ha invece sottolineato il dibattito sulle priorità della BCE tra inflazione e crescita, suggerendo che le potenziali misure di ritorsione dell’UE spingano verso un approccio cauto nei futuri tagli dei tassi.
La BCE starà a guardare?
L’elezione di Trump ha provocato un forte calo dell’euro contro il dollaro, con la moneta unica che ha registrato la più grande perdita giornaliera dal 2016, scendendo intorno a $1,0700 (-2%). Diversi analisti prevedono che questa debolezza dell’euro possa proseguire nei prossimi mesi, con il rischio di raggiungere la parità con il dollaro. I mercati hanno immediatamente aumentato le aspettative di ulteriori tagli dei tassi da parte della BCE e, al momento, il tasso di deposito è previsto al 2% entro novembre 2025. Goldman Sachs (NYSE:GS) ha aggiornato le sue previsioni, ipotizzando un tasso terminale dell’1,75% entro luglio 2025, in calo rispetto alla precedente stima del 2%. L’istituto prevede che le tariffe di Trump possano ridurre la crescita del PIL dell’Eurozona di 0,3% nel 2025. La BCE ha sempre enfatizzato l’importanza della stabilità dei prezzi, ma i recenti tagli dei tassi a settembre e ottobre hanno avviato un dibattito sulle implicazioni che una crescita più debole potrebbe avere sull’inflazione. Alcuni analisti prevedono che l’euro possa sottoperformare anche rispetto alla sterlina, con il Regno Unito meno esposto alle tariffe di Trump grazie al suo focus sulle esportazioni di servizi piuttosto che di beni. Questo scenario potrebbe favorire la sterlina, aggiungendo ulteriori pressioni sull’euro mentre l’Europa si confronta con le incertezze di una politica commerciale più aggressiva dagli USA.
I mercati azionari europei hanno chiuso in deciso ribasso mercoledì (FTSE Mib -1,5%), perdendo tutti i guadagni iniziali. Tra i settori peggiori figurano Auto e Ricambi, Utilities, Real Estate, Food/Beverage e Banche, mentre il settore dei Servizi Finanziari, Viaggi/Tempo Libero e Media sono rimasti in positivo. Negli Stati Uniti, invece, l’S&P 500 e il Nasdaq si avviano a nuovi record, sostenuti dal rally di martedì in cui tutti i principali indici hanno guadagnato oltre l’1%. Gli investitori stanno valutando le implicazioni della vittoria elettorale di Trump, con scenari di un controllo repubblicano di Camera e Senato. Per ora il principale vincitore del Trump Trade è Bitcoin, salito di oltre il 6% su nuovi massimi di tutti i tempi. Bene anche le mid-small cap: Russel 2000 +5,4%, indice delle banche regionali +12%. Nella precedente amministrazione Trump avevano sovraperformato il mercato. La certezza del risultato elettorale rappresenta un elemento positivo per il mercato USA, soprattutto in un contesto di posizionamento difensivo osservato nelle ultime settimane. Ulteriore supporto proviene dal calo dell’indice VIX, sceso già sotto quota 20 (-20% in una seduta), e dalle prospettive di acquisti sistematici da parte dei fondi. Gli strategist statunitensi vedono inoltre nella stagionalità di fine anno un fattore favorevole, poiché novembre è storicamente uno dei migliori mesi per i flussi azionari, specialmente negli anni elettorali.
L’impatto di Trump sull’Europa
In Europa, l’elezione di Trump ha sollevato preoccupazioni per il commercio, la crescita economica e le politiche delle banche centrali. Tra i settori più vulnerabili si segnalano le Auto, con timori di nuove tariffe sui veicoli importati negli USA, come promesso da Trump in campagna elettorale. Tuttavia, il CEO di BMW ha sottolineato che tali tariffe potrebbero paradossalmente giovare alla casa tedesca grazie alla sua forte base produttiva negli Stati Uniti. Anche il settore delle Utilities è visto come esposto, soprattutto per i progetti di energia eolica offshore, che potrebbero subire rallentamenti sotto l’amministrazione Trump. Se da un lato il credito d’imposta per l’eolico onshore sembra sicuro, gli analisti temono che nuove tariffe possano comunque impattare sugli utili e aumentare i rischi normativi, soprattutto per le aziende esposte al mercato USA. Il settore bancario, in particolare gli istituti con esposizione alla Cina e al Messico, potrebbe soffrire qualora Trump intensificasse le politiche tariffarie. Il sell-side europeo ha sottolineato che le promesse commerciali di Trump, inclusi i dazi, potrebbero ridurre la crescita europea (si stima sino a -1% di PIL) e alimentare l’inflazione. Nomura ha evidenziato che eventuali misure di ritorsione da parte della Commissione Europea potrebbero aumentare l’inflazione o, se assorbite dalle imprese, portare a chiusure, con un impatto sull’occupazione. ING ha osservato che le politiche commerciali di Trump, mirate a creare una parità competitiva, potrebbero pesare in particolare sulle economie aperte dell’Europa, dove la crescita stagnante rende complesso compensare le perdite con l’export. Rabobank ha invece sottolineato il dibattito sulle priorità della BCE tra inflazione e crescita, suggerendo che le potenziali misure di ritorsione dell’UE spingano verso un approccio cauto nei futuri tagli dei tassi.
La BCE starà a guardare?
L’elezione di Trump ha provocato un forte calo dell’euro contro il dollaro, con la moneta unica che ha registrato la più grande perdita giornaliera dal 2016, scendendo intorno a $1,0700 (-2%). Diversi analisti prevedono che questa debolezza dell’euro possa proseguire nei prossimi mesi, con il rischio di raggiungere la parità con il dollaro. I mercati hanno immediatamente aumentato le aspettative di ulteriori tagli dei tassi da parte della BCE e, al momento, il tasso di deposito è previsto al 2% entro novembre 2025. Goldman Sachs (NYSE:GS) ha aggiornato le sue previsioni, ipotizzando un tasso terminale dell’1,75% entro luglio 2025, in calo rispetto alla precedente stima del 2%. L’istituto prevede che le tariffe di Trump possano ridurre la crescita del PIL dell’Eurozona di 0,3% nel 2025. La BCE ha sempre enfatizzato l’importanza della stabilità dei prezzi, ma i recenti tagli dei tassi a settembre e ottobre hanno avviato un dibattito sulle implicazioni che una crescita più debole potrebbe avere sull’inflazione. Alcuni analisti prevedono che l’euro possa sottoperformare anche rispetto alla sterlina, con il Regno Unito meno esposto alle tariffe di Trump grazie al suo focus sulle esportazioni di servizi piuttosto che di beni. Questo scenario potrebbe favorire la sterlina, aggiungendo ulteriori pressioni sull’euro mentre l’Europa si confronta con le incertezze di una politica commerciale più aggressiva dagli USA.