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USD/JPY: cosa aspettarsi dalla Banca del Giappone

Pubblicato 14.03.2019, 19:33
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Rassegna giornaliera sul mercato forex 14.03.2019

Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management.

Dopo 3 giorni di consolidamento, il cambio USD/JPY è salito in vista dell’annuncio di politica monetaria. Non si prevedono variazioni della politica monetaria ma il rendimento dei bond a 10 anni è sceso al minimo dal 2016, il che ci dice che gli investitori attendono con impazienza che la banca adotti un approccio più cauto. La domanda principale per la BoJ è se il deterioramento degli scambi commerciali comporti o meno una revisione delle valutazioni economiche. Il Giappone ha riportato il maggiore deficit commerciale degli ultimi 6 anni mentre le esportazioni sono scese per il secondo mese consecutivo. Per quanto riguarda l’export verso la Cina, si è trattato del maggiore calo degli ultimi due anni, prendendo in considerazione il fatto che le festività per il capodanno cinese abbiano potuto incidere sulla domanda. Come tanti altri paesi nel mondo, il Giappone accusa il colpo di una crescita globale più lenta, ma la terza economia mondiale è particolarmente vulnerabile in vista dell’aumento previsto delle tasse di quest’anno. Tuttavia, con i mercati finanziari più stabili, la Federal Reserve che rallenta il passo dell’inasprimento e la Cina che aumenta lo stimolo, le previsioni non sono così cupe da giustificare un allentamento. Prevediamo che la BoJ decida di rivedere al ribasso le valutazioni su produzione ed export, ma questo potrebbe non essere abbastanza per far scendere ulteriormente lo yen e sostenere l’aumento del cambio USD/JPY.

Gli investitori hanno praticamente ignorato i report economici statunitensi. I prezzi all’importazione e all’esportazione sono aumentati più del previsto ma le richieste di sussidio sono salite e le vendite di case nuove sono scese del 6,9%. Il calo della domanda di case nuove è preoccupante, ma potrebbe trattarsi di un dato distorto dallo shutdown statunitense. Con il rallentamento dell’inflazione, dell’occupazione e dell’attività del mercato immobiliare, la Federal Reserve che si riunirà la prossima settimana non ha motivo di cambiare la posizione “paziente” sui tassi. Il dollaro ha praticamente ignorato questi report in quanto, nonostante la crescita negli USA resti debole, l’incertezza per gli altri paesi è ancora più grande. I dati di venerdì sull’indice manifatturiero Empire State ed il sondaggio dell’Università del Michigan sulla fiducia dei consumatori potrebbero esser migliori, visto l’andamento del mercato azionario alla fine di febbraio.

Questo articolo viene pubblicato prima del voto sulla Brexit, ma è praticamente assicurato il supporto allo slittamento dell’articolo 50. I parlamentari hanno bocciato l’accordo della Premier Theresa May e la Brexit senza accordo, dunque, l’unica alternativa rimasta è quella di richiedere un rinvio dell’articolo 50 che riporta il Regno Unito alla condizione iniziale. L’unica differenza è che la May non può più tenere la spada di Damocle dell’uscita senza accordo sulla testa di tutti, anche se ci ha provato ancora dopo il voto di martedì dicendo che tecnicamente l’uscita senza accordo è ancora la condizione di default in mancanza di un accordo alternativo. L’Unione Europea concederà un rinvio al Regno Unito, ma la questione è un rinvio di quanto tempo. Se il Regno Unito chiederà un rinvio breve, diciamo di due mesi, i trader della sterlina saranno delusi in quanto se non si è trovato un accordo in oltre 2 anni, ci sono davvero pochissime probabilità che questo venga trovato entro giugno. Se il rinvio sarà di almeno un anno, potremmo assistere ad un forte rialzo per la sterlina. Secondo le dichiarazioni del Presidente UE Tusk, è preferibile un rinvio più lungo. Come ha scritto su Twitter, “Durante le consultazioni in vista del summit UE #EUCO, chiederò ai 27 stati membri di essere aperti verso una estensione più lunga se il Regno Unito lo riterrà necessario per rielaborare una strategia sulla Brexit e farla accettare”.

Dopo essere salito per 4 giorni consecutivi, l’euro è sceso come lasterlina. Le valute legate alle materie prime sono anch’esse scese e sul calo hanno inciso i dati cinesi piuttosto deboli. secondo gli ultimi dati, l’economia cinese non sta migliorando. L’aumento della spesa dei consumatori è scesa all’8,2% a febbraio, mentre la crescita della produzione industriale è scesa al 5,3% da 6,2%. Sebbene il calo possa essere in parte dovuto al capodanno cinese, la debolezza dell’economia cinese è innegabile e visto il rinvio del vertice bilaterale tra Trump e Xi, l’accordo commerciale non ci sembra così a portata di mano. Tutto questo gioca a sfavore del dollaro australiano e di quello neozelandese che finora erano stati sostenuti da un certo ottimismo.

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