di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - Il Pd del futuro sarà il Partito della nazione inseguito dai renziani o il movimento "rigorosamente di centrosinistra" evocato ieri sera da Rosi Bindi a Piazza pulita su La7?
Le divisioni che si registreranno oggi in aula alla Camera nel dibattito sulla riforma elettorale rispecchiano non tanto, e non solo, una spaccatura su una qquestione d'attualità ma la ragione d'essere stessa del Pd e delle sue componenti.
Il dibattito fu lanciato nell'aprile dello scorso anno da un leader storico del Pci prima e del Pd ora, Alfredo Reichlin, che evocò la nascita di un Partito della nazione che sapesse superare le divisioni ideologiche dell'Italia repubblicana.
Ma l'idea è stata fatta propria dalla componente renziana del Pd ed è ora fortemente osteggiata dalla minoranza interna del partito. Perché?
Reichlin, lanciando il suo Partito della nazione, auspicava un movimento capace di interpretare cambiamenti sociali e trasformazione del Paese. Su questo fronte appaiono oggi meglio posizionati Matteo Renzi e i suoi, desiderosi di interpretare una società 2.0. Sul versante opposto non è chiaro invece dove la Bindi trovi il suo inequivocabile "rigore" di contenuti.
Se il Pd non si chiarisce su cosa vuole essere e dove vuole andare, difficilmente potrà trovare unità d'intenti non solo sulla riforma elettorale, ma anche su tutti gli altri argomenti che si trova e si troverà ad affrontare.
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