Investing.com – I futures del petrolio sono sotto pressione per il secondo giorno consecutivo, tra il calo delle importazioni cinesi che contribuisce ad aumentare i timori per la ripresa mondiale; pesano inoltre i timori di un conflitto tra le potenze occidentali e l’Iran.
Nel corso della mattinata europea, sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a maggio sono stati scambiati a 102,16 dollari al barile, in calo dello 0,3%.
Precedentemente il prezzo era sceso dello 0,55% al minimo giornaliero di 101,86 dollari al barile. I futures del petrolio sono scesi al minimo di 101,07 dollari al barile lunedì, il minimo dal 14 febbraio.
Le perdite sono state limitate da un supporto tecnico della media di 100 giorni, intorno a 101,62 dollari al barile, che ha innescato nuovi acquisti. I nuovi acquisti tendono ad essere raggruppati vicino ai livelli di supporto.
I timori per la crescita mondiale sono aumentati dopo che la Cina ha mostrato un disavanzo commerciale di 5,35 miliardi di dollari lo scorso mese, contro un deficit di 31,5 miliardi nello scorso mese.
I dati hanno mostrato che le importazioni hanno disatteso le previsioni, mostrando i rischi di un rallentamento della seconda economia mondiale.
Le importazioni salite del 5,3% dopo l’aumento del 39,6% di febbraio. Il calo delle importazioni suggerisce un rallentamento nei prossimi mesi, nonché un rallentamento interno.
Gli investitori ora attendono i dati sul PIL cinese del primo trimestre, che sarà rilasciato venerdì.
Gli investitori stanno osservando l’andamento della crescita cinese, nei timori che il paese sia davanti ad un “atterraggio duro”. La Cina ha abbassato il suo target di crescita del PIL al 7,5% quest’anno, il più basso in otto anni.
I dati sono giunti un giorno dopo i quelli relativi all’IPC cinese, salito del 3,6% a marzo dal 3,2% di febbraio ed al di sopra delle aspettative per un aumento del 3,3%.
I timori sulla crisi del debito nella zona euro ha pesato sulla propensione al rischio. Stamane il rendimento dei titoli spagnoli a 10 anni è schizzato al 5,8%, mentre il governo ha reiterato la fermezza nel voler ridurre il deficit del 3% del PIL del prossimo anno.
Il dato superiore al previsto ha allentato le aspettative che Pechino introdurrà nuove misure di allentamento monetario nel breve termine per sostenere la seconda economia più grande del mondo.
Un rallentamento più forte in Cina, la seconda economia mondiale, potrebbe mettere in pericolo un’espansione globale che sta già vacillando a causa dell’attuazione delle misure di austerità severe in Europa.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti ed è stato il traino dell’aumento della domanda.
I dati sull’occupazione USA, al minimo degli ultimi 5 mesi, contribuiscono a pesare sulla fiducia dei consumatori. Le aspettative su un aumento delle forniture USA al massimo dal 1990 hanno pesato.
Il petrolio è sotto pressione anche in vista dei negoziati sul nucleare tra l’Iran e sei potenze mondiali che riprenderanno il 13 aprile e 14 aprile in Turchia.
Le sei potenze mondiali sono Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina.
Le tensioni tra Iran e occidente riguardo al programma nucleare hanno dominato il sentimento del petrolio negli ultimi mesi, spingendo i prezzi da 75 dollari al barile ad ottobre, a 110 dollari al barile a marzo.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a maggio sono stati scambiati a 121,51 dollari al barile, giù dello 0,5%, 19,35 dollari al barile in più rispetto alla controparte statunitense.
Nel corso della mattinata europea, sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a maggio sono stati scambiati a 102,16 dollari al barile, in calo dello 0,3%.
Precedentemente il prezzo era sceso dello 0,55% al minimo giornaliero di 101,86 dollari al barile. I futures del petrolio sono scesi al minimo di 101,07 dollari al barile lunedì, il minimo dal 14 febbraio.
Le perdite sono state limitate da un supporto tecnico della media di 100 giorni, intorno a 101,62 dollari al barile, che ha innescato nuovi acquisti. I nuovi acquisti tendono ad essere raggruppati vicino ai livelli di supporto.
I timori per la crescita mondiale sono aumentati dopo che la Cina ha mostrato un disavanzo commerciale di 5,35 miliardi di dollari lo scorso mese, contro un deficit di 31,5 miliardi nello scorso mese.
I dati hanno mostrato che le importazioni hanno disatteso le previsioni, mostrando i rischi di un rallentamento della seconda economia mondiale.
Le importazioni salite del 5,3% dopo l’aumento del 39,6% di febbraio. Il calo delle importazioni suggerisce un rallentamento nei prossimi mesi, nonché un rallentamento interno.
Gli investitori ora attendono i dati sul PIL cinese del primo trimestre, che sarà rilasciato venerdì.
Gli investitori stanno osservando l’andamento della crescita cinese, nei timori che il paese sia davanti ad un “atterraggio duro”. La Cina ha abbassato il suo target di crescita del PIL al 7,5% quest’anno, il più basso in otto anni.
I dati sono giunti un giorno dopo i quelli relativi all’IPC cinese, salito del 3,6% a marzo dal 3,2% di febbraio ed al di sopra delle aspettative per un aumento del 3,3%.
I timori sulla crisi del debito nella zona euro ha pesato sulla propensione al rischio. Stamane il rendimento dei titoli spagnoli a 10 anni è schizzato al 5,8%, mentre il governo ha reiterato la fermezza nel voler ridurre il deficit del 3% del PIL del prossimo anno.
Il dato superiore al previsto ha allentato le aspettative che Pechino introdurrà nuove misure di allentamento monetario nel breve termine per sostenere la seconda economia più grande del mondo.
Un rallentamento più forte in Cina, la seconda economia mondiale, potrebbe mettere in pericolo un’espansione globale che sta già vacillando a causa dell’attuazione delle misure di austerità severe in Europa.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti ed è stato il traino dell’aumento della domanda.
I dati sull’occupazione USA, al minimo degli ultimi 5 mesi, contribuiscono a pesare sulla fiducia dei consumatori. Le aspettative su un aumento delle forniture USA al massimo dal 1990 hanno pesato.
Il petrolio è sotto pressione anche in vista dei negoziati sul nucleare tra l’Iran e sei potenze mondiali che riprenderanno il 13 aprile e 14 aprile in Turchia.
Le sei potenze mondiali sono Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina.
Le tensioni tra Iran e occidente riguardo al programma nucleare hanno dominato il sentimento del petrolio negli ultimi mesi, spingendo i prezzi da 75 dollari al barile ad ottobre, a 110 dollari al barile a marzo.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a maggio sono stati scambiati a 121,51 dollari al barile, giù dello 0,5%, 19,35 dollari al barile in più rispetto alla controparte statunitense.