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Guerra e sanzioni lasciano il mondo affamato di grano

Pubblicato 15.03.2022, 14:56
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Di Geoffrey Smith

Investing.com - Il panico iniziale può anche essere finito, ma le cose sembrano ancora messe male per il cereale più importante del mondo.

I future del frumento si sono staccati di circa il 20% dal massimo di nove anni della scorsa settimana ma sono ancora scambiati ad oltre il doppio del prezzo pre-pandemia, grazie all’incertezza causata dall’invasione russa dell’Ucraina. Una bella differenza con i movimenti del prezzo del petrolio, che ha ormai ritracciato tutti i guadagni accumulati con l’impennata dovuta all’invasione russa.

Russia ed Ucraina insieme sono state responsabili di quasi il 30% delle esportazioni globali l’anno scorso. La perdita di queste esportazioni per via della guerra minaccia di far sì che milioni di persone che dipendono da esse non possano più permettersi il pane, con tutti i rischi aggiunti dall’instabilità politica che comporta.

“Se il conflitto dovesse risultare in un’improvvisa e prolungata riduzione delle esportazioni di cibo da parte dell’Ucraina e della Federazione Russa, potrebbe esercitare un’ulteriore pressione rialzista sui prezzi delle materie prime alimentari internazionali, a scapito soprattutto dei paesi economicamente vulnerabili”, ha dichiarato la scorsa settimana la FAO. Ed ha stimato che altri 13 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero finire per soffrire di malnutrizione come conseguenza.

La stima preliminare della FAO è che il 20%-30% delle aree al momento seminate a cereali, granturco e semi di girasole in Ucraina non saranno piantate o resteranno incolte nella stagione 2022/23. E per via delle difficoltà nell’avere accesso a pesticidi e fertilizzanti, il rendimento di questi raccolti probabilmente sarà minore degli anni precedenti.

Tuttavia, questo è solo l’effetto diretto della guerra sulle coltivazioni. Sono più difficili da quantificare gli ostacoli che stanno aumentando sotto forma di sanzioni finanziarie ed altri sconvolgimenti del mercato dovuti alla politica. Importanti linee di spedizioni come Maersk hanno già interrotto i viaggi da e verso i porti russi. La londinese Lloyds (LON:LLOY) ed altri mercati assicurativi hanno già quasi tutti chiuso ai cargo russi, mentre società come Bunge (NYSE:BG) e ADM hanno reso noto che ridurranno le operazioni. Le banche russe sono state escluse dai canali di pagamento internazionali, rendendo difficile eseguire acquisti, anche nel caso in cui i compratori sono certi di non violare le sanzioni occidentali facendo affari con la Russia.

E l’impatto della guerra si fa già sentire nel futuro: il colosso Bayer (OTC:BAYRY) ieri ha dichiarato che la sua decisione di continuare o meno ad inviare semi e pesticidi in Russia dipenderà dal ritorno della pace.

A peggiorare le cose, ci sono i segnali che la Russia ha introdotto restrizioni sulle esportazioni di cereali per limitare i prezzi del pane in patria in conseguenza della svalutazione del rublo: il governo ieri ha approvato un decreto che vieta l’esportazione ad altri paesi dell’Unione Economica Eurasiatica fino a fine agosto. Ha anche del tutto vietato le esportazioni di zucchero nello stesso periodo.

“Malgrado il falso allarme di oggi, potremmo in realtà assistere ad alcune restrizioni sulle esportazioni dalla Russia nella prossima stagione”, ha scritto su Twitter (NYSE:TWTR) Andrey Sizov, fondatore di SovEcon, ieri, sebbene abbia fatto notare che i commercianti stanno ancora ricevendo frumento dal Mare del Nord al momento. Ha rivisto al rialzo le sue stime sulle esportazioni russe questo mese di un terzo, a 1,6 milioni di tonnellate. Nel complesso, la FAO teme che i prezzi degli alimentari in generale possano schizzare di ben il 22% il prossimo anno in conseguenza della guerra, uno sviluppo che non farà che ingigantire l’ondata di inflazione che si sta riversando sull’economia mondiale quest’anno.

La situazione sarebbe meno grave se altri importanti esportatori del mondo non fossero anch’essi sotto pressione.

Non sorprende che i Ministri dell’Agricoltura del G7 stiano già mettendo in guardia dalle misure protezionistiche mirate a difendere i consumatori domestici dall’aumento dei prezzi (come in Russia ed Argentina).  La scorsa settimana il G7 ha chiesto a “tutti i paesi di tenere aperti i loro mercati alimentari ed agricoli e di evitare qualunque misura restrittiva ingiustificata sulle loro esportazioni”.

I ministri hanno aggiunto che “non tollereranno prezzi gonfiati artificialmente” e “combatteranno ogni comportamento speculativo che mette in pericolo la sicurezza alimentare o l’accesso al cibo di paesi e popolazioni vulnerabili”.

Ma i segnali sono che la guerra ha innescato una volatilità tale da non poter essere contenuta, non da ultimo perché arriva da ogni tipo di fonti inaspettate. Solo la scorsa settimana, i prezzi del nichel sono più che raddoppiati per una violenta e disordinata short squeeze. La London Metals Exchange non ha ancora ripreso il trading del contratto. Tutti i segnali dicono che ci vorrà molto più che delle parole per mettere un freno ai prezzi del frumento, e più in generale ai prezzi degli alimentari.

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