Di Mauro Speranza
Investing.com – La paura del coronavirus spinge gli operatori sempre più verso i beni rifugio, abbandonando così la propensione al rischio dell’azionario. Non si ferma, infatti, il calo dei principali indici europei, iniziato questa mattina dopo il peggioramento della situazione In Italia e in Francia a causa del propagarsi dell’infezione nel nostro paese.
Il Ftse Mib, infatti, resta il peggiore tra gli indici europei con un calo superiore al 4%, mentre gli altri indici europei restano in scia nonostante il miglioramento del dato relativo all’indice IFO sulla fiducia delle aziende in Germania nel mese di febbraio.
A beneficiare degli acquisti resta l’oro che con un +2% si porta a 1.682 dollari l’oncia, quota vicina ai massimi dal settembre 2012.
Il prezzo dell’oro, però, potrebbe non fermarsi e gli esperti di Citigroup, prevedono il superamento dei 1.700 dollari nel breve periodo, fino addirittura a toccare i 2 mila dollari “nei prossimi 12-24 mesi”.
La crescita dell’oro sarà “superiore con un mercato del rischio al ribasso se i rischi del coronavirus dovessero avere un impatto sulle catene di produzione e distribuzione e, di conseguenza, sullo slancio degli utili USA”, aggiungono gli esperti dell’istituto.
Movimenti evidenziati dagli “indicatori tecnici che indicano che l’oro è ipercomprato da circa tre settimane”, sottolinea Ipek Ozkardeskaya di Swissquote, “ma la propensione al rischio è così fragile che nemmeno i prezzi alle stelle scoraggiano la convergenza di capitali nel metallo prezioso”.
L’allarme per la crescita economica
Se l’oro corre, dunque, le altre materie prime cedono il passo. Il greggio scende a 51,41 dollari, il Brent scambiato a 55,70 dollari, insieme al calo segnato dal gas naturale, il rame, il frumento e il cotone.
A far scattare il ‘fuggi fuggi’ sulle materie prime era stato l’allarme lanciato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), rivedendo al ribasso le stime della crescita globale dello 0,1%, sufficiente agli investitori a rivolgersi verso altri beni.
“Il coronavirus mette in pericolo la ripresa economica mondiale", erano le allarmistiche parole di Kristalina Georgieva, direttrice operativa del FMI. "Nel nostro attuale scenario di base, le politiche annunciate verranno implementate e l'economia cinese torna alla normalità nel secondo trimestre. Di conseguenza, l'impatto sull'economia mondiale sarebbe relativamente minore e di breve durata", spiegava l’economista.
Secondo il FMI, però, potrebbero esserci scenari peggiori, in “cui la diffusione del virus dura più a lungo e più a livello globale con delle conseguenze sulla crescita che sono più protratte”. "Mentre l'impatto dell'epidemia continua a manifestarsi”, proseguiva Georgieva, “la valutazione dell'OMS è che con misure forti e coordinate, la diffusione del virus in Cina e nel mondo può ancora essere contenuta e la tragedia umana arrestata".
Se dalla Cina continuano a segnalare il calo di nuovi decessi e di infezioni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in guardia contro previsioni affrettate sull’epidemia, “esprimendo preoccupazioni sul numero di nuove infezioni in altri paesi”, concludeva Georgieva.