LONDRA (Reuters) - Le principali banche europee continuano a collocare buona parte dei loro utili in paradisi fiscali, in uno scenario quasi invariato dal 2014, nonostante paese per paese sia stato reso obbligatorio un certo grado di trasparenza.
È quanto si legge in un report dell'EU Tax Observatory.
L'ente indipendente di ricerca, co-finanziato dall'Unione europea, ha rivelato che in base alle comunicazioni di 36 importanti banche europee risultano collocati in paradisi fiscali 20 miliardi di euro, o circa il 14% dei loro utili complessivi, anche se pochi dipendenti sono basati in queste sedi.
Gli utili collocati dalle banche in paradisi fiscali corrispondono a circa 238.000 euro per dipendente, rispetto alla media di 65.000 euro in paesi con sistema fiscale tradizionale.
"Ciò indica che gli utili collocati nei paradisi fiscali sono principalmente deviati da altri paesi, dove avviene la produzione dei servizi", ha aggiunto.
La fiscalità è diventata una questione delicata, con i governi a corto di liquidità impegnati a colmare i buchi creati nell'economia dal Covid-19 e al lavoro per un'aliquota comune per i giganti del settore tech, in particolare.
Le comunicazioni paese per paese, pensate per far luce sui meccanismi interni delle banche, finora non hanno modificato l'atteggiamento nei confronti dei paradisi fiscali, nonostante il tema sia sempre più presente nell'agenda politica, si legge nel report.
"Potrebbero essere necessarie iniziative più ambiziose — come un'aliquota minima globale al 25% — per ridurre l'uso dei paradisi fiscali nel settore bancario", ha scritto l'EU Tax Observatory
(Tradotto a Danzica da Enrico Sciacovelli, in redazione a Milano Gianluca Semeraro)