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ECONOMICA / Investimenti, snodo ineludibile per crescita Italia

Pubblicato 12.06.2015, 13:57
Aggiornato 12.06.2015, 14:04
ECONOMICA / Investimenti, snodo ineludibile per crescita Italia
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di Luca Trogni

MILANO (Reuters) - Una ripresa economica frenata dal mancato apporto della componente a più alto tasso di innovazione. E' quella italiana che, sostenuta dall'export ma anche dai consumi, fatica a trovare la spinta necessaria nella spesa per investimenti.

Le scelte delle imprese italiane, prese nel loro insieme, sono ancora ispirate alla prudenza.

La capacità produttiva, che pure negli anni di crisi dal 2008 al 2014 si è ridotta del 15%, è lontana dall'essere saturata e nel breve termine consente di rispondere a una domanda in miglioramento limitando gli investimenti al soddisfacimento minimo del rinnovo dello stock esistente.

Vanno benissimo (+28% nei primi tre mesi 2015) ma sono di scarso peso gli investimenti in mezzi di trasporto, sostenuti dall'ampliamento degli incentivi alle imprese che operano in questo settore. Stentano, invece, quelli relativi all'area più significativa, costituita da macchinari e attrezzature. Debolmente positivi quelli in costruzioni, con minore contenuto tecnologico ma con un peso attorno al 50%. In questo caso le prospettive di recupero, dettate dalla ripresa dei mutui, sono attenuate dalla concentrazione dell'attività immobiliare sulle ristrutturazioni, sostenute dagli incentivi fiscali permanenti.

"Se la congiuntura economica nei prossimi trimestri confermerà un orientamento più favorevole, le imprese potrebbero ritrovarsi nella necessità di adeguare la capacità produttiva

riammodernando il capitale divenuto obsoleto nel corso degli anni", commenta Fedele de Novellis, capo-economista di Ref ricerche.

Per ora gli investimenti in macchinari ad alto contenuto digitale, i più presenti nelle prescrizioni degli economisti industriali, trovano limitata applicazione pratica nelle scelte imprenditoriali.

SISTEMA INDUSTRIALE DIVISO

"Vi è un'enorme frattura tra chi va molto bene e chi rappresenta una zavorra. Di fronte alla crescente concorrenza è necessario sviluppare brevetti, marchi e reti commerciali, non ridurre i costi", commenta Fabrizio Guelpa, responsabile dell'area industria dell'ufficio studi di Intesa Sanpaolo (MILAN:ISP).

Da un lato le imprese in grado di innovare e di affermarsi sui mercati internazionali con la possibilità di scegliere presso quale istituto finanziarsi convenientemente e con l'alternativa di accedere al mercato dei capitali, dall'altro le aziende in crisi di competitività e con difficoltà di sbocco sui mercati che si ritrovano senza accesso ai prestiti necessari per provare a superare la fase negativa.

Ricordava recentemente il direttore generale della Banca d'Italia, Salvatore Rossi, che "le 25.000 aziende italiane con più di 50 addetti realizzano metà del valore aggiunto. Al di sotto di questa soglia ci sono 4,3 milioni di piccole imprese che esprimono un minore valore aggiunto e un minor costo del lavoro".

I dati di aprile mostrano un nuovo calo dei prestiti nonostante i 93 miliardi concessi da Francoforte al sistema creditizio italiano per finanziare l'economia reale.

Le condizioni del credito restrittive - anche dopo le tre operazioni Bce di finanziamento delle banche vincolate al sostegno dell'imprenditoria - penalizzano proprio il tessuto produttivo tipico italiano costituito di piccole e medie imprese.

I più recenti dati sui fallimenti mostrano che la fase peggiore dovrebbe essere alle spalle: il Cerved ha evidenziato come in Italia, per la prima volta dopo dieci trimestri, sia diminuito il loro numero.

Resta la necessità di una ripartenza che ha bisogno anche di una ripresa degli ordini in grado di ridurre le esigenze di finanziamento esterno. E del traino che, per parte delle imprese superstiti, potrà venire da quelle con forte vocazione internazionale. Quelle che già oggi stanno aumentando i loro investimenti.

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