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Lavoro, Renzi aspetta sciopero Cgil-Uil, decreti a Natale

Pubblicato 09.12.2014, 19:42
Aggiornato 09.12.2014, 19:50
Lavoro, Renzi aspetta sciopero Cgil-Uil, decreti a Natale

di Francesca Piscioneri

ROMA (Reuters) - Il governo, sempre più incalzato dalle pressioni internazionali, sta bruciando i tempi sulla riforma del mercato del lavoro che mette in soffitta l'articolo 18, e il primo decreto attuativo sui contratti a tutele crescenti arriverà "sotto Natale".

Non prima, salvo sorprese, per non esacerbare ulteriormente i rapporti incandescenti con i sindacati che venerdì 12 dicembre hanno proclamato lo sciopero generale.

Lo riferisce una fonte governativa aggiungendo che il secondo decreto attuativo del Jobs act, quello che allarga la platea di lavoratori che avranno accesso agli ammortizzatori sociali, sarà varato "a stretto giro di posta, comunque entro l'anno".

Stamani, mentre Cgil e Uil illustravano le ragioni dello sciopero generale del 12 dicembre - il primo congiunto (senza Cisl) - il premier Matteo Renzi ha ribadito il suo pensiero sui corpi intermedi: "Devo dire grazie ai sindacati...Quando si trattano queste vertenze [Lucchini-Cevital] è importante dialogare insieme. Quando c'è la legge di Stabilità è il governo che deve stare al tavolo".

Come a dire che lo sciopero non sposterà di una virgola la sua agenda. Del resto, il Fmi ha citato il Jobs act tra le riforme che l'Italia deve attuare e un plauso (dopo le critiche di Angela Merkel alle riforme di Italia e Francia) è arrivato dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. Di progressi in materia di lavoro ha parlato persino S&P che pure venerdì ha tagliato il rating sovrano italiano portandolo a un passo dal livello 'spazzatura'.

In patria la riforma desta molte più perplessità.

In un'intervista a Reuters del 19 novembre, Michele Tiraboschi, allievo di Marco Biagi a lungo adviser al ministero del Welfare, ha detto che "non creerà neanche un posto di lavoro".

CONTRATTO A INDENNIZZO CRESCENTE PIU' CHE A TUTELE CRESCENTI

La Finanziaria prevede per le assunzioni stabili sgravi Irap e decontribuzioni previdenziali triennali fino a un massimo di 8.000 euro anni.

Stamani, il neo leader della Uil Carmelo Barbagallo, ha snocciolato le cifre di uno studio di Via Lucullo che dimostrerebbero come le aziende avranno convenienza a non stabilizzare anche con i nuovi contratti a tutele crescenti poiché i costi degli indennizzi saranno inferiori ai risparmi dei quali usufruiranno con gli sgravi Irap e previdenziali.

"Alla fine dei tre anni nei quali le aziende godono della decontribuzione, i nuovi assunti rischiano il licenziamento per natura economica con una media di 7.000 euro di risarcimento a fronte di 16.700 euro di risparmio da parte dell'azienda".

Filippo Taddei, responsabile economico del Pd che lavora a stretto contatto con Renzi, replica: "E' come valutare il matrimonio con le regole del divorzio. Noi invece con il nuovo contratto diamo il massimo di incentivi a chi assume stabilmente, diritti da subito e un ispettore unico sui controlli. L'unica garanzia per un contratto stabile è farlo costare di meno ed è quello che facciamo".

Fatta salva la tutela nel caso di licenziamento discriminatorio, i nuovi assunti con contratto a tutele crescenti nelle aziende con più di 15 dipendenti avranno il diritto al reintegro solo per motivi disciplinari gravi dei quali si dimostri l'insussistenza. Per esempio, se il lavoratore venisse licenziato per furto e dimostrasse che il fatto non è mai avvenuto riavrebbe il posto di lavoro.

Sul tavolo, secondo la fonte governativa, anche l'ipotesi di opting out. L'azienda punita a reintegrare il lavoratore potrà scegliere comunque di elargire un maxi indennizzo.

In caso di licenziamenti economici è previsto un risarcimento pari a 1,5 mensilità per ogni anno di servizio con un tetto tra 24 e 36 mesi.

In caso di conciliazione l'impresa corrisponderà una mensilità per ogni anno di lavoro fino a 18-24 mensilità.

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