di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - "Il presidente della Repubblica c'è. Ne parleremo a tempo debito. Mi limito a osservare che il Pd è centrale in questo Parlamento". Ha risposto così ieri a Repubblica il presidente del Consiglio Matteo Renzi alla domanda su cosa pensi dell'ipotesi che i "poteri forti" stiano puntando su Mario Draghi al Quirinale.
Non ha risposto che Draghi ha altro da fare, né che non esistono rose di candidati; ha commentato solo che non si potrà prescindere dalla decisione del Pd in materia. Sullo stesso giornale, oggi, Federico Fubini ci fa sapere che "non dà troppo tempo a queste voci, Draghi". Fatto è che il ventilatore sulla ridda di pettegolezzi per il Quirinale sparge i petali della rosa delle candidature ai quattro venti.
Il mondo politico si è convinto che Giorgio Napolitano, non appena la riforma elettorale sarà votata dal Parlamento - presumibilmente ai primi del prossimo anno -, toglierà il disturbo. E sventolare il ventaglio delle candidature è da alcuni giorni lo sport preferito nello stadio della politica.
Oltre a Draghi (spinto nella rosa soprattutto da chi vorrebbe non vederlo più a Francoforte, par di capire) vengono citati i sempreverdi Romano Prodi (costretto in questi giorni in ospedale per una leggera indisposizione; auguri) e Giuliano Amato. Ma si parla anche di possibili outsider, più nello stile del presidente del Consiglio in carica: ecco spuntare allora nomi di donna, come l'attuale ministro della Difesa Roberta Pinotti (che, si dice, piacerebbe anche a Napolitano) che ha pure il vantaggio di avere superato da poco la soglia dei 50 anni e quindi di essere "giovane" per l'incarico, ma anche quello di Paola Severino, ministro della Giustizia nel governo Monti e avvocato molto noto.
Nei conciliaboli della politica appassionano già questi discorsi, persino più dell'articolo 18.
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