(Reuters columnist. Le opionioni qui espresse sono le sue)
di James Saft
12 agosto (Reuters) - La recessione italiana è la chiara dimostrazione non solo della inarrestabile pressione sulla Banca centrale europea affinché metta in campo misure radicali per scongiurare la deflazione, ma anche del perché queste misure potrebbero funzionare poco.
I dati della scorsa settimana hanno riportato l'Italia in recessione per la terza volta dal 2008 e mandato un segnale sui primi e non completi effetti delle sanzioni contro la Russia.
Non solo l'Italia deve sostenere le ricadute delle tensioni tra Russia e Ucraina, in particolare una caduta nella domanda dei suoi beni di lusso, ma è anche penalizzata da una demografia sfavorevole e lo sforzo di attuare le riforme sarà rallentato dal suo processo politico decisionale notoriamente ostinato.
Questa situazione, in combinazione con una discesa - che è da non sottovalutare - degli ordini nell'industria tedesca, ha fatto crescere le attese - vanamente, per come è finita - che la Bce avrebbe deciso di portare avanti nella sua ultima riunione della scorsa settimana la assai dibattuta proposta di avviare misure di espansione monetaria attraverso l'acquisto di titoli asset-backed. Francoforte ha invece deciso di prendere tempo, annunciando di aver avviato il processo di selezione di un consulente per aiutarla a strutturare questo programma e le modifiche sul mercato necessarie ad accompagnarlo.
Lo scenario a cui si assiste è che malgrado queste discussioni e che la Bce abbia presentato a giugno una valanga di misure di intervento, il mercato sta mostrando una allarmante mancanza di fiducia sia nella sua capacità, sia nella sua disponibilità, di arrestare la caduta di inflazione nell'area dell'euro, che ora è ad appena lo 0,4%.
Mentre la Bce trae conforto dal fatto che i consumatori dicono di aspettarsi un'inflazione più alta sul lungo termine, uno sguardo alle aspettative sul mercato obbligazionario racconta una storia diversa.
Non solo i prezzi dei titoli di Stato italiani mostrano un'attesa di una piena deflazione per un anno, ma prezzi simili per l'inflazione implicita nei bond a tre e cinque anni sono calati nei mesi recenti per le maggiori economie, come in Francia e Germania.
Molti dei dubbi sono legati a temi di tipo strutturale su cui la Bce ha un limitato controllo. Un intervento di 'quantitative easing' è fortemente dibattuto nell'area dell'euro, perchè solleva il tema spinoso di come la Bce dovrebbe ripartire queste misure di stimolo tra i paesi membri.
Inoltre, paragonato a quello degli Usa, il mercato di titoli asset-backed che verrebbe creato per gli acquisti della Bce, sarebbe assai sottile negli scambi rendendo rapidamente difficile effettuare gli acquisti.
NON E' TUTTO CETERIS PARIBUS
A parità di tutte le altre condizioni, ci si potrebbe aspettare non solo che la Bce si muova prontamente per avviare questi interventi, ma che debba indirizzare la maggior parte della sua azione di acquisto di asset verso economie, come l'Italia, che stanno soffrendo di più.
Ma raramente le altre condizioni possono essere assunte come non mutabili, naturalmente, e c'è una buona ragione per pensare che la Bce non intenda avere un passo, nel suo intervento a favore delle economie più deboli, che sia più veloce di quello dell'adozione delle riforme strutturali che ha così spesso esortato a realizzare. Se fa troppo dal lato della politica monetaria, forse quelle riforme non arriveranno mai. Questo è un sensibile gioco di tattica, ma che ha un impatto su diversi protagonisti ai margini del gioco.
Gli investitori giustamente vedono questo come un rinvio e un affievolimento dello stimolo. Le loro scommesse sui mercati finanziari, a loro volta, potranno smorzare alla fine le aspettative a medio e lungo termine dei consumatori.
Il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi ha scelto di dare la priorità alle riforme costituzionali, sostenendo che con quelle riuscirebbe ad avere quella stabilità politica che gli permetterebbe di realizzare più rapidamente le riforme economiche. Può riuscire in questo ma è chiaro che il processo sarà lento, indeciso e che potenzialmente porterà a un referendum.
Il ritmo delle riforme ha contribuito alla recessione, sostiene Yacine Rouimi, economista di Societe Generale.
"I progressi sulle riforme strutturali, come quelli sulle riforme istituzionali (Senato e legge elettorale), sono stati limitati da quando Renzi è diventato premier a marzo. Il risultato è una caduta della fiducia, un disincentivo per le imprese a investire ed assumere", ha scritto in un report.
Un indice dell'incertezza sulla politica economica, che è in discesa da quando Renzi è premier, ha ripreso recentemente a salire di nuovo, sottolineando quanto sia difficile il suo compito. (http://policyuncertainty.com/index.html)
E il problema con la recessione è che questa rovina le previsioni di bilancio, riducendo le entrate fiscali e mettendo sotto pressione il Tesoro.
Partendo da una stima di una contrazione del Pil dello 0,2% nell'anno in corso, Rouimi prevede un deficit del 3,4% in rapporto al prodotto, sopra il limite del 3%. Questo porta con se il rischio che Renzi possa essere costretto a cambiare budget, che, come tutti i bilanci di rigore fatti in una recessione, sarà politicamente impopolare e potrebbe essere boicottato.
Sia l'Italia, sia la Bce soffrono per debolezze strutturali che le indeboliscono e le rendono entrambe meno efficaci. Le misure di stimolo quantitativo, se arriveranno, non cambieranno questa situazione.
Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italianoLe top news anche su www.twitter.com/reuters_italia