Insight su cosa ci aspetta e cosa potrebbe sorprenderci nelle economie e sui mercati. PIL americano scintillante in arrivo. Confronto Trump-Juncker sui dazi mentre la Cina prepara contromisure. Attesi nuovi segnali dalla BCE sull’uscita dal QE.
IN ARRIVO UN 4 SCINTILLANTE
Venerdì è attesa la conferma ufficiale ma quasi tutte le previsioni puntano a uno scintillante 4% di crescita dell’economia americana nel secondo trimestre, una velocità raddoppiata rispetto al primo e anche rispetto alla media del dopo-crisi. L’interrogativo di tutti non è sul dato ma sulla sostenibilità della corsa del PIL americano, alimentata dalla riforma fiscale di Trump e indifferente finora alla guerra dei dazi. Secondo i pessimisti la corsa dell’economia americana nel secondo trimestre sarebbe dovuta proprio al timore per le guerre commerciali, con gli esportatori corsi a piazzare le merci sui mercati mondiali prima che scattino dazi e ritorsioni. Finora però i timori sui dazi hanno impattato la crescita europea e il 31 luglio dovremmo averne conferma con il PIL del secondo trimestre dell’Eurozona.
FACCIA A FACCIA SUI DAZI
Mercoledì il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker vola a Washington nella tana del lupo, il presidente americano Donald Trump, per parlare di scambi commerciali e di dazi. In passato i due se ne sono dette di tutti i colori. Ha cominciato il lussemburghese quando ha sbeffeggiato un Trump appena eletto come un provincialotto americano incapace di trovare Bruxelles sulla carta geografica, qualche giorno fa The Donald ha definito l’Europa un ‘nemico’. Juncker andrà alla Casa Bianca brieffato a dovere da Angela Merkel che sta cercando disperatamente un compromesso per evitare che l’industria dell’auto tedesca venga massacrata dai dazi americani. Vediamo quanto è disposto a offrire e quanto sarà capace di portare a casa Juncker.
MENTRE ARRIVANO I CONTI DELL’AUTO
Intanto arrivano le trimestrali dell’industria automobilistica europea, da Peugeot a FCA (MI:FCHA), da Daimler a Renault (PA:RENA). I titoli sono sotto pressione fortissima nelle rispettive Borse proprio per timore dei dazi di Trump, da inizio anno il comparto segna in media un ribasso di quasi il 10%. Più che i dati sugli utili gli investitori guarderanno alla guidance che verrà fornita per i prossimi trimestri, se ci dovessero essere revisioni al ribasso c’è da aspettarsi nuove vendite. I dazi fanno paura anche all’industria dell’auto americana, dove le stime di crescita a 12 mesi nell’ultimo anno sono state abbassate dal 13% al 6%.
CONTROMOSSE CINESI
Oltre al confronto Juncker-Trump gli investitori scrutano anche Pechino per cercare di capire quale potrebbe essere la prossima puntata della guerra dei dazi. Finora l’arma principale usata dalla Cina per sostenere l’economia è stata quella monetaria. Lo yuan viaggia ai minimi di 12 mesi e le autorità fanno intendere di essere disposte a tollerare una moneta ancora più debole, se serve a sostenere le esportazioni. Moneta debole però può voler dire fuga di capitali e problemi per i debiti denominati in dollari della Corporate China. Un’arma a doppio taglio che la banca centrale deve maneggiare con attenzione. Intanto l’economia cresce oltre il 6,5% e infila un periodo di espansione ininterrotta da almeno un quarto di secolo, un record senza recessioni inimmaginabile per tutte le economie dei paesi sviluppati.
DALLA BCE AGLI EMERGENTI
Settimana di lavoro per molte banche centrali, a cominciare dalla BCE che riunisce il board giovedì. Le orecchie saranno attente a qualunque sfumatura di Mario Draghi sul ‘quando’ potrebbe scattare la prima mossa sui tassi, dopo l’indicazione un mese fa che sarebbero rimasti a zero almeno “per” l’estate del 2019. Vuol dire “prima”, “durante” o “dopo”? Sembra che i falchi puntino a giugno. Ma Draghi ha già chiarito che l’espressione usata era “intenzionalmente vaga”. In settimana si riuniscono anche le banche centrali Turchia, Cile, Nigeria, Ungheria, Argentina, Colombia e Russia. Hanno tutte lo stesso problema: come fronteggiare la combinazione di dollaro forte e tassi USA in rialzo che si intreccia con la guerra dei dazi, carica di conseguenze proprio per le economie emergenti più esposte sulle commodity? Un dilemma simile a quello cinese, ma invertito. Vale a dire tenere il cambio delle rispettive valute abbastanza forte da evitare la corsa alla fuga dei capitali, ma non così forte da penalizzare le esportazioni. Occhio anche ai commenti che arriveranno da Buenos Aires e Johannesburg, dove si incontrano rispettivamente il G20 finanziario e i BRICS.
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge