Di Laura Sanchez
Investing.com - Continua lo stillicidio di dichiarazioni degli esperti in un momento in cui la Federal Reserve (Fed) statunitense prosegue nel suo percorso da falco sui tassi d'interesse. Per la prossima riunione del 21 settembre, le probabilità sono a favore di un aumento dei tassi di interesse di 75 punti base.
Molti esperti ritengono che i mercati stiano sopravvalutando la probabilità che la Fed sia in grado di abbassare i tassi di interesse il prossimo anno.
Uno di questi è Nouriel Roubini, il famoso economista e investitore noto a molti sul mercato come "Dr. Doom" per aver previsto la crisi dei mutui subprime del 2008 e per le sue analisi quasi sempre pessimistiche.
In un'intervista a Bloomberg TV, Roubini ha avvertito che gli investitori sono "illusi" se si aspettano davvero una svolta della Fed a breve dopo la ripresa dai minimi di giugno per azioni e obbligazioni.
I trader hanno valutato un'alta probabilità che il tasso d'interesse di riferimento della Fed raggiunga il picco più tardi quest'anno, intorno al 3,75%, prima di iniziare a scendere forse la prossima estate.
Un altro indicatore molto seguito delle aspettative sui tassi di policy è il "dot plot" della Fed, una raccolta di proiezioni sul tasso di interesse di riferimento della Fed. Secondo l'ultimo aggiornamento rilasciato dopo la riunione politica della Fed di giugno, il tasso dei Fed funds dovrebbe raggiungere il 3,375% entro la fine del 2022, per poi salire al 3,8% entro la fine del 2023.
Tuttavia, Roubini ritiene che entrambe le proiezioni siano troppo ottimistiche. Egli prevede invece che la banca centrale dovrà aumentare il suo tasso di riferimento a un picco superiore al 4%, forse addirittura al 5%, se vuole riuscire a combattere l'inflazione verso il suo obiettivo del 2%.
"I tassi dovrebbero essere ben al di sopra del 4% (dal 4,5% al 5% secondo me) per spingere davvero l'inflazione al 2%", afferma il presidente e CEO di Roubini Macro Associates, aggiungendo che, sebbene l'inflazione possa aver raggiunto il suo picco, la strategia monetaria della Fed "non è abbastanza rigida per riportare le pressioni sui prezzi sotto controllo così rapidamente".
L'ultima lettura dell'IPC di luglio, pubblicata la scorsa settimana, ha rilevato che l'inflazione complessiva è aumentata dell'8,5%, con un rallentamento rispetto all'aumento del 9,1% di giugno, soprattutto grazie al calo dei prezzi dell'energia.
Tuttavia, un indicatore dell'inflazione "core", l'IPC sottostante, che esclude i prezzi volatili di cibo ed energia, è aumentato dello 0,3% a luglio grazie all'aumento del costo degli affitti e dei prezzi delle case, tra gli altri fattori.