Moltissimi inglesi si sono pentiti dell’uscita dalla Ue, e il momento critico dell’economia del Regno Unito rincara tutto il loro malcontento. Come cambia lo scenario con il nuovo monarca appena incoronato?
Alle volte basta una parola.
Una sola, semplice parola, un’unione di lettere e di suoni capace da sola di cambiare radicalmente il senso di una frase. Facciamoci caso, perché nel Regno Unito se ne sono accorti da un pezzo. Tipo quando sono passati dall’essere parte dell’Unione europea al non essere parte dell’Unione europea, oppure quando hanno dovuto cambiare il loro inno nazionale, e non si trattava semplicemente di sostituire “queen” con “king”.
Nel primo caso, quel “non” ha distanziato Londra da Bruxelles ben più dei 318 chilometri in linea d’aria che dividono le due città. Non solo, ha anche creato una crepa nel sistema economico inglese che ha portato moltissimi cittadini a pentirsi del loro sì alla Brexit – il fenomeno del ‘Bregret’ di cui abbiamo parlato qualche numero addietro.
D’altra parte, però, cantare che Dio salvi il Re, oggi, assume tutto un altro significato. Non è solo una questione di cambiare una parola, ma di tutto ciò che questa porta con sé. Perché in un momento complicato per l’economia e la società inglese, in un periodo in cui i personaggi più noti spostano attenzioni e investimenti con le loro scelte, l’incoronazione di Carlo III potrebbe davvero rappresentare una boccata d’ossigeno per il Regno Unito e non solo.
OPERATION: GOLDEN ORB
Questo è il nome dato all’enorme mole di lavoro per preparare l’incoronazione di Re Carlo. Un evento che costerà alle casse pubbliche tra i 100 e i 120 milioni di sterline, più del doppio di quanto speso nel 1953 per Elisabetta II. E se pensate che si tratti di tanti soldi, dovrete ricredervi: eventi come il Giubileo di Platino o il Royal Wedding hanno fatto incassare alle reali tasche britanniche tra i 2 e i 6 miliardi...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge