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Obbligazioni vs Azioni nel 2023: chi avrà la meglio?

Pubblicato 25.11.2022, 00:06
Aggiornato 24.11.2022, 23:36
© Investing.com

Di Geoffrey Smith 

Investing.com - Sembra ufficiale: il 2023 sarà l’anno in cui i bond daranno ai titoli azionari quel calcio che chiedono da 12 anni.

Le aspettative a Wall Street e in Europa indicano una performance superiore dei fixed-income il prossimo anno, dopo quello che viene definito uno “storico reset” dell’inflazione globale, della crescita e dei tassi di interesse, che prepara il mondo sviluppato ad una recessione e ad un anno in cui si tirerà la cinghia.

I sospiri di sollievo dei gestori patrimoniali, soprattutto in Europa, dove i tassi di interesse a zero hanno reso i bond una pessima scommessa nell’ultimo decennio, sono particolarmente intensi, com’è giusto che sia: più spesso che no, investire sui bond richiede una maggiore capacità di giudizio rispetto ai semplici investimenti su fondi basati su indici che hanno permesso agli investitori azionari di fare tanti soldi facili fino alla debacle di quest’anno. E una gestione più attiva significa tariffe più alte, consentendo al settore un felice ritorno ad un business model più semplice e, diciamolo, più onesto, dopo cinque anni di greenwashing travestito da fondi ESG.

Ma basta col cinismo. Le aspettative sono giuste? Certamente ci sono dei motivi validi per pensarlo.

Dopo aver offerto spiccioli nell’ultimo decennio, i bond ora stanno generando ritorni significativi: i riferimenti senza rischio negli USA, nel Regno Unito e nella zona euro rendono rispettivamente il 4,47%, il 3,20% ed il 2,01% al momento della scrittura. Il debito sub-sovrano, il debito ipotecario e il debito societario di alta qualità rendono sostanzialmente di più e, sebbene siano ancora sotto gli attuali tassi di inflazione, la probabilità che l’inflazione scenda nei prossimi due anni significa che possedere bond non rappresenta più quella sicura e lenta distruzione del patrimonio come nel periodo del Quantitative Easing.

La recessione si sta già facendo sentire in Europa e dovrebbe arrivare negli Stati Uniti intorno alla metà del prossimo anno, mentre i recenti sviluppi hanno reso chiaro quanto sarà difficile per la Cina sfuggire alla trappola della sua politica Zero-Covid, con la probabilità di un altro anno di crescita sotto la media per la seconda economia mondiale.

Tutto questo non fa prospettare buoni ritorni azionari. Gli analisti di Morgan Stanley pensano che l’azionario scenderà ancora, con l’imminente recessione a pesare sugli utili. Lisa Shalett, responsabile degli investimenti di Morgan Stanley (NYSE:MS) Wealth Management, questa settimana ha scritto che gli utili delle società del S&P 500 saranno di soli 195 dollari ad azione il prossimo anno, anziché i 230 dollari attualmente previsti.

“La straordinaria capacità delle compagnie di spingere vendite e redditività negli ultimi anni è insostenibile e potrebbe presto invertirsi” in un contesto di tassi più alti, spiega.

Il focus sull’attuale stato dell’economia piuttosto che sulle prospettive implica che i titoli azionari tipicamente reagiscono meno immediatamente, e meno prevedibilmente, dei bond, con le banche centrali che passano da una politica di inasprimento ad una di allentamento.

Ma il primo segnale di allentamento solitamente basta a convincere le banche a mantenere aperte le linee di credito alle grandi compagnie: da qui, il consiglio dell’esperto di strategie di mercato di BNP Paribas (OTC:BNPQY) Daniel Morris che il credito societario investment grade sia il posto migliore in cui trovarsi nei prossimi mesi.

“Le valutazioni basse (cioè spread alti) non rispecchiano accuratamente quelli che crediamo siano fondamentali favorevoli”, afferma in una nota ai clienti di questa settimana. Al contrario, aggiunge, “non siamo pronti a puntare di più su asset più rischiosi come i titoli azionari … temendo ancora un maggiore ribasso sia per la crescita che per gli utili”, oltre al rischio sempre presente che la geopolitica possa benissimo peggiorare il prossimo anno.

È stato un 2022 orribile, di sicuro. Il tipico portafoglio 60/40 di titoli azionari e bond ha generato un ritorno negativo del 20% fino ad ottobre, rispetto alla media del 9%-10% degli ultimi 50 anni, secondo Morris di BNP. Persino nel 2008, un portafoglio simile aveva perso solo il 14%.

Ma la maggior parte dei professionisti ancora mettono in guardia dallo scommettere su una ripresa troppo rapida.

“Possedere uno dei due asset sarà più remunerativo l’anno prossimo che quest’anno”, ha scritto questa settimana su un blog Tom Stevenson, direttore degli investimenti di Fidelity Personal Investing. “Ma ruotare da un overweight dei bond governativi all’inizio dell’anno ad una preferenza per le azioni alla fine potrebbe portare ad un anno persino migliore”.

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