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Sri Lanka in default, un avvertimento per i mercati emergenti

Pubblicato 19.05.2022, 12:16
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Di Geoffrey Smith

Investing.com - Lo Sri Lanka è ufficialmente andato in default questo giovedì, con una successione di shock esterni e cattiva gestione economica che lo hanno portato al punto da non avere nemmeno i soldi per pagare le importazioni di carburante.

La nazione insulare dell’Asia meridionale è il primo paese in due anni ad andare ufficialmente in default e minaccia di segnare un precedente per il resto del mondo alle prese con un problema di inflazione sempre più grave.

Severi shock dei prezzi di alimentari ed energetici stanno causando problemi economici in sempre più paesi, aggravando problematiche già esistenti dovute alla pandemia ed alla risposta della politica mondiale.

Il Governatore della banca centrale Nandalal Weerasinghe ha spiegato che il paese non è riuscito a trovare i soldi per pagare 78 milioni di dollari di interesse su bond in dollari e 105 milioni di dollari in interessi su un prestito da enti appoggiati dallo stato cinese entro i 30 giorni di tolleranza concessi dai termini degli accordi.

Sebbene il debito estero dello Sri Lanka, pari a 12,6 miliardi di dollari, sia relativamente piccolo, la crisi economica che sta vivendo è simile a quella di varie altre parti del mondo emergente. I ricavi dal turismo, la sua maggiore fonte di valuta estera, sono crollati di oltre l’80% nel primo anno della pandemia, secondo i dati della Banca Mondiale, per l’impatto delle restrizioni sui viaggi.

Senza queste entrate, e dipendendo quasi interamente dalle importazioni di combustibili fossili, il paese è stato brutalmente esposto all’impennata dei prezzi del petrolio nello scorso anno.

La capacità del paese di nutrire la sua popolazione di 22 milioni di persone, intanto, è stata messa alla prova dal divieto sulle importazioni di fertilizzanti e pesticidi, con un crollo stimato del 30% dei rendimenti agricoli quest’anno.

Il governo ha poi cercato di allentare il divieto ma era troppo tardi per fermare le diffuse carenze di quest’anno, sfociate in violente proteste contro la famiglia Rajapaksa, al potere.

Il collasso delle entrate turistiche ha costretto la banca centrale quest’anno ad abbandonare gli iniziali tentativi di difendere il valore della rupia singalese. Ha perso ora oltre il 50% del suo valore contro il dollaro dall’inizio del 2020 sebbene, come il mercato azionario del paese, si sia stabilizzata ad un livello basso da quando la banca centrale ha ammesso la scorsa settimana che sarebbe stato difficile evitare il default.

Il dollaro è salito dell’1,4% contro la rupia in risposta alla notizia questo giovedì, mentre l’indice MSCI Sri Lanka segna +0,8%.

Il paese ha dato il via alle trattative col Fondo Monetario Internazionale per un processo di ristrutturazione che, secondo Weerasinghe, potrebbe durare circa sei mesi. Dipenderà soprattutto dall’attitudine del suo maggiore creditore estero, la Cina, che ha prestato ingenti somme ad una successione di governi Rajapaksa per finanziarie progetti di discutibile valore economico negli ultimi due decenni. E questo ha messo lo Sri Lanka al centro dei dibattiti su quella che i critici definiscono la “diplomazia della trappola del debito” cinese, una pratica con cui Pechino approfitta della crisi economica dei suoi debitori per ottenere asset strategici in tutto il mondo. Queste accuse vengono sempre respinte dalla Cina e discusse da molti economisti.

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