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PORTAFOGLI-Fine QE2 non spaventa,conferma peso borsa Usa-gestori

Pubblicato 30.05.2011, 11:40

* Treasury già in sottopeso, vista ulteriore pressione

* Credit Suisse: più volatilità su -bond dopo QE2

* Su azionario Usa in gioco anche outlook crescita

MILANO, 27 maggio (Reuters) - Si avvicina la fine del secondo "quantitative easing", pilastro della politica ultraespansiva della Federal Reserve ma, almeno per il momento, i gestori in Italia non stanno considerando di alleggerire gli investimenti a Wall Street. E' quanto emerge dall'ultimo sondaggio condotto da Reuters fra otto primarie case di investmento che, sul fronte obbligazionario, continuano a restare alla larga dai Treasury.

"Il mercato ha già scontato la fine del QE2", ha detto Sergio Bertoncini, strategist di Amundi sgr.

Bocce ferme anche da Sella Gestioni sgr in vista di fine giugno, quando si concluderà il secondo programma di acquisto di asset della banca centrale statunitense, lanciato con l'obiettivo di sostenere l'economia e ribattezzato informalmente "QE2". "Non prevediamo di ridurre l'esposizione all'azionario Usa che al momento abbiamo in portafoglio", dicono da Sella Gestioni sgr. "Sul versante obbligazionario, preferiamo non investire in titoli Treasury, dal momento che ci aspettiamo degli effetti negativi sui loro prezzi visti gli attuali livelli dei tassi di interesse", aggiunge riferendosi al costo del denaro Usa attualmente vicino allo zero.

Anche per Bertoncini il graduale abbandono degli stimoli di politica monetaria penalizzerà il reddito fisso statunitense, già in sottopeso nei portafogli della casa francese per "la dinamica negativa di deficit e debito e con S&P che ha rivisto a negativo l'outlook".

"Ci aspettiamo un rialzo dei tassi Usa a fine 2011 o inizio 2012 ma la Fed ha fatto capire che non c'è fretta", ha detto lo strategist.

Più lunghi i tempi per Francesco Fonzi, senior portfolio manager di Credit Suisse AM sgr, che pur si aspetta una riaccelerazione dell'economia Usa nella seconda parte dell'anno.

"L'economia cresce a un ritmo ancora insufficiente e quindi non ci sarà nessuna inversione sostanziale di politica monetaria nell'arco dei prossimi dodici mesi", ha detto. "La fine del QE2 farà aumentare la volatilità dei bond Usa ma la Fed cercherà di contenerla con un'informazione tempestiva al mercato", ha aggiunto.

Amundi investe viceversa nel debito della corporate America, "sia in euro - una buona diversificazione in fasi di volatilità sugli spread dei titoli di stato - che in dollari", ha detto Bertoncini. "Anche se sui finanziari Usa gli spread hanno stretto di più perchè le banche americane hanno messo a segno un recupero più consistente rispetto a quelle europee". SU DOLLARO PESA DIFFERENZIALE TASSI BCE Sebbene in vista della fine del "QE2" nessun fund manager sembri incline a ridurre tatticamente l'esposizione agli asset in dollari, è pur vero che la graduale chiusura dei rubinetti della Fed dovrebbe rafforzare il biglietto verde "con possibili ricadute negative sull'azionario Usa", sottolinea Bertoncini. "Ma la crescita americana resta più forte di quella europea e se il dollaro torna a rafforzarsi la crescita Usa non rallenterà", aggiunge lo strategist.

Per Fonzi la diminuzione dell'offerta di biglietti verdi, prodotta dalla fine della manovra espansiva, verrà controbilanciata dal differenziale di tassi fra le due sponde dell'Atlantico, lasciando il dollaro in una fascia laterale compresa fra 1,41 e 1,48 euro.

"Un dollaro stabile non dà indicazioni particolari per l'azionario Usa, che dovrebbe comunque sovraperformare nella fase di volatilità dei mercati che ci aspettiamo di qui a luglio", ha detto Fonzi, ricordando che nei prodotti a benchmark Wall Street è attualmente in leggero sottopeso a favore degli investimenti in Europa.

Circa metà dei 64 analisti e gestori che hanno partecipato ad un sondaggio condotto da Reuters nella seconda metà di maggio si aspettano che la conclusione del QE2 porti con sè una flessione del mercato statunitense (S&P 500 <.SPX>) e delle borse emergenti (MSCI mercati emergenti <.MSCIEF>.

Il QE2 viene generalmente ritenuto responsabile del rincaro delle materie prime e della debolezza del dollaro, oltre che della recente sovraperformance delle borse.

"Il QE2 ha prodotto più denaro per investimenti finanziari al di fuori dagli Stati Uniti che non condizioni finanziarie più lasche sul mercato domestico", ha osservato Fonzi. "Solo negli ultimi mesi si è vista una ripresa dei prestiti bancari e della domanda di credito da parte anche dei privati; ma la necessità delle famiglie americane di diminuire il livello dei debiti ha fatto sì che tutta la liquidità in circolazione non potesse essere messa a frutto", conclude.

I risultati del sondaggio di asset allocation di maggio verranno pubblicati domani 31 alle ore 15.

(Maria Pia Quaglia)

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