MILANO (Reuters) - Le prime dieci aziende manifatturiere italiane quotate in Borsa creano più occupazione delle colleghe tedesche o britanniche, grazie anche a un aumento dell'attività e quindi delle assunzioni all'estero, sono più liquide ma investono meno e hanno dimensioni inferiori.
È questa la fotografia scattata dall'annuario R&S Mediobanca (MI:MDBI), giunto alla quarantaduesima edizione, che raccoglie i profili dei principali gruppi italiani quotati tra il 2012 e il 2016 confrontandoli con i concorrenti europei. Si tratta di 41 gruppi industriali, 6 gruppi bancari e 3 assicurativi.
Dal 2012 al 2016 gli organici dei primi dieci gruppi italiani sono cresciuti del 7,2% e in particolare all'estero (+11,2%). In Gran Bretagna i dipendenti sono aumentati del 5,8% (+7,4% all'estero), in Germania del 5% (+2,5% all'estero) in Francia dell'1% (+2,9% all'estero).
In termini di quota del personale all'estero, l'Italia con il suo 65,7% batte la Germania (59,1%) ma è dietro alla Francia (70,7%), mentre resta fanalino di coda come percentuale di fatturato: 76,8% per i top 10 italiani, contro l'85,8% dei francesi e l'83,2% delle tedesche.
Nel complesso la manifattura privata accresce l'occupazione dello 0,9%, mentre il pubblico perde il 3,3% dei dipendenti (-11,2% all'estero e -0,8% in Italia). La presenza internazionale è più evidente nella manifattura privata (58%) che nel pubblico (27,7%).
Un altro punto a favore dei principali gruppi manifatturieri italiani è la liquidità con un'incidenza sul debito pari al 41,7% contro il 36,6% delle imprese francesi, il 23,6% delle britanniche e il 13,4% delle tedesche. Tuttavia gli investimenti si fermano al 6,2% dello stock, la metà della Germania (12,5%) e meno della Gran Bretagna (8%).
In generale il profilo di una grande impresa manifatturiera quotata in Italia è sempre più raro dopo i delisting di Pirelli e Italcementi (MI:ITAI), lo spostamento della sede legale di Exor (MI:EXOR) in Olanda e in vista dell'integrazione tra Luxottica (MI:LUX) ed Essilor con sede a Parigi per la nuova entità.
La dimensione è nettamente inferiore rispetto ai principali paesi europei. Nel 2016 i big manifatturieri italiani hanno fatturato 84 miliardi contro i 767 miliardi dei top 10 tedeschi, i 325 miliardi dei francesi e i 180 miliardi dei britannici. Anche per incidenza sul pil (5%) l'Italia è in coda rispetto a Francia (15%) e Germania (24%).
A Moncler (MI:MONC) spetta la "maglia rosa" come crescita del fatturato nel 2016 (+18,2%). Sul podio si piazzano anche Fiat Chrysler (MI:FCHA) Italy (+14,8%) e Recordati (MI:RECI) (10,1%). In coda Eni (MI:ENI) (-22,9%), Saras (-16,8%) e Saipem (MI:SPMI) (-13,3%).
Sul fronte dividendi gli azionisti pubblici hanno incassato dal 2012 al 2016 12,4 miliardi contro i 5,9 miliardi degli azionisti di controllo privati su un totale di oltre 50 miliardi distribuiti. Eni guida la classifica con 5,3 miliardi, seguita da Enel (MI:ENEI) (2 miliardi) e Poste Italiane (MI:PST) (1,6 miliardi). Tra i privati brillano Luxottica (1,3 miliardi) e Prada (1,1 miliardi).