ROMA (Reuters) - Secondo i dati provvisori di Istat, a settembre l'indice Nic dei prezzi al consumo è sceso dello 0,3% su base congiunturale mentre è salito dello 0,3% sullo stesso periodo dell'anno precedente.
Le attese, elaborate in un sondaggio Reuters, indicavano le stesse variazioni.
Come quella spagnola e tedesca pubblicata ieri, in perfetta sintonia con l'analoga stima della zona euro, sorprende al ribasso la prima lettura dell'inflazione italiana di settembre su base armonizzata ai parametri Ue.
Pubblicati in contemporanea a quelli Eurostat sulla media euro, i dati preliminari Istat suonano un nuovo segnale di allarme per la Banca centrale europea, il cui mandato è quello di riportare la dinamica dei prezzi al consumo all'obiettivo di poco sotto 2%.
Guardando sempre al tasso armonizzato, in quanto parametro di Francodorte, la variazione annua è invece negativa al ritmo di 0,2% nel caso italiano e di 0,1% a livello di zona euro.
Perfettamente allineato alla mediana delle attese raccolte da Reuters la variazione dell'indice Nic - in calo di 0,3% su mese e in rialzo di 0,3% su anno.
Quanto alle singole voci del paniere, commentando la flessione mensile il comunicato Istat parla di fattori di natura stagionale, facendo riferimento a "un ribasso dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-4,0%) parzialmente compensato dall'aumento dei prezzi degli alimentari non lavorati (+1,8%)".
L'inflazione acquisita per quest'anno, spiega sempre l'ufficio di statistica, scende a 0,1% da 0,2% di agosto.
"Il dato italiano non aggiunge molto al quadro generale né si discosta in particolare dalle attese... abbiamo una ripresa che sta prendendo piede ma a ritmo graduale e ancora debole, che non mette alcuna pressione sui prezzi; anche il recupero del mercato del lavoro è appena iniziato e non si vede alcun riflesso sui salari", commenta Paolo Mameli, economista di Intesa Sanpaolo (MILAN:ISP).
"Vista anche la dinamica delle materie prime a livello mondiale, la Bce potrebbe intervenire se lo giudicasse necessario. Credo però che le condizioni si creerebbero soltanto in caso si aggravassero le prospettive di crescita o quelle finanziarie", aggiunge.
In occasione del consiglio sui tassi di inizio settembre, le stime trimestrali dello staff Bce hanno corretto al ribasso le proiezioni sull'inflazione della zona euro per quest'anno - 0,1% da 0,3% delle attese di giungo - il prossimo (1,1% da 1,5%) e il 2017 (1,7% da 1,8%).
Una vera gelata hanno mostrato ieri i numeri spagnoli, in calo addirittura di 1,2% su settembre 2014, mentre il rallentamento dell'indice tedesco è identico a quello italiano.
Insieme a quella Istat, la pubblicazione della stima Eurostat rafforza la spinta al rialzo dei listini di borsa, che non possono che scommettere su nuove misure di stimolo da parte della banca centrale con un progresso superiore a 2%.
In un rapporto pubblicato stamane, Standard & Poor's evidenzia per la congiuntura europea due principali fonti di rischi al ribasso: la debolezza degli emergenti, che non dovrebbe però portare a una nuova recessione, cui si va a sommare l'incognita chiave di un'inflazione che non riparte.
"Un eccessivo apprezzamento del cambio effettivo dell'euro potrebbe compromettere la ripresa dei prezzi al consumo. Per quanto una risalita delle materie prime non sia imminente, riteniamo di aver superato la fase di flessione più marcata e questo dovrebbe sostenere le aspettative di inflazione", scrive l'agenzia di rating.
"Il tasso nominale resta però al momento estremamente debole e il rischio deflazione importante", aggiunge.