di Luca Trogni
MILANO (Reuters) - Il passaggio del 35% di Poste dal Tesoro alla sua controllata Cassa depositi e prestiti ha un beneficiario chiaro: la Cdp.
Il gruppo presieduto da Claudio Costamagna rafforza il patrimonio grazie alla nuova partecipazione azionaria che vale circa 3 miliardi.
Simmetricamente Via XX Settembre rafforza la sua partecipazione in Cdp all'85% dall'80%, grazie all'aumento di capitale riservato, scendendo però in Poste al 29,7% dal precedente 64,7%.
Il Tesoro registra una potenziale perdita dei dividendi futuri di oltre 100 milioni. In base alle ultime cedole distribuite da Poste e Cdp, il Tesoro rinuncia a dividendi delle Poste per oltre 150 milioni a fronte di un maggior introito da Cdp per circa 40.
La lontananza dall'obiettivo di privatizzazione 2016 per lo 0,5% del Pil, pari a circa 8 miliardi, non cambia. Rimane l'intenzione di mettere sul mercato una cospicua seconda tranche di Poste entro l'anno con un incasso che ai valori attuali, anche con un difficile collocamento dell'intero 29,7% residuo, non dovrebbe superare i 2,5 miliardi. "I tecnici del Tesoro, dopo il conferimento del 35%, ritengono plausibile un effetto scarsità che darebbe valore al titolo" dice una fonte vicina all'operazione.
Tra Cdp e Poste si potranno "sviluppare opportunità di valorizzazione" per i due gruppi, segnala la stessa Cdp. "Si possono ipotizzare sviluppi dell'e-commerce e nuovi prodotti per i risparmiatori" dice una fonte vicina alla situazione.
A fine 2015 per la sua attività di finanziamento poteva contare su una raccolta postale poco sopra i 250 miliardi. In cambio la Cdp versa alle Poste, in base al contratto di programma, 1,6 miliardi annui.
Il significato dell'operazione è quindi quello di dare più risorse al gruppo per sviluppare il suo piano di sostegno allo sviluppo dell'economia italiana. Lo stesso Matteo Renzi ha voluto un cambio al vertice della Cdp con l'obiettivo di ottenere un maggiore contributo al Sistema Italia.
In una fase congiunturale ancora difficile come l'attuale questo si traduce anche in interventi a sostegno di situazioni critiche. Il gruppo di Costamagna ha rilevato il 12,5% di Saipem (MI:SPMI) con grande sollievo per la controllante Eni (MI:ENI), alle prese con i bassi prezzi del greggio, ma, ai prezzi attuali di borsa, la minusvalenza di Cdp supera i 400 milioni sui 900 investiti.
Altri 500 milioni sono destinati al fondo Atlante nato per fronteggiare le difficoltà del sistema bancario italiano e la cui redditività è da verificare in futuro.
Da tempo all'orizzonte c'è l'ingresso della Cdp, con una quota di minoranza, nella cordata che rileverà Ilva, primo gruppo siderurgico nazionale oggi in amministrazione straordinaria. Si vedrà poi se per lo sviluppo di Enel (MI:ENEI) Open Fiber alla Cassa verranno chiesti apporti di capitale.
Il 25 maggio in applicazione della sua vocazione storica, Cdp ha intanto deliberato interventi per 4,5 miliardi a supporto di famiglie, pmi e territorio.
Più in generale il piano 2016/2020 prevede un impegno del gruppo a sostegno della crescita italiana per la cifra monstre di 160 miliardi di euro, per quasi il 75% a favore delle imprese.
La Cdp, per la riduzione dei margini dovuta ai bassi tassi di interesse e al contributo negativo di alcune controllate, è inoltre alle prese con un utile sceso sotto il miliardo dai 2-3 miliardi dei bilanci del triennio precedente.
Il gruppo, sottoposto alla vigilanza informativa della Banca d'Italia, a fine 2015 disponeva di un patrimonio netto di quasi 19 miliardi al di sotto dei circa 28 miliardi di controvalore delle partecipazioni. Alle banche questo non sarebbe concesso dalla vigilanza, ma Cdp non è assimilabile a un istituto di credito anche se alcune sue attività lo sono.
Con l'operazione su Poste, Cdp innalza di tre miliardi patrimonio netto e partecipazioni. Il differenziale rimane ma con un patrimonio netto più elevato.
-- hanno collaborato Giuseppe Fonte e Francesca Landini