Investing.com - Il dollaro si attesta vicino al massimo di due settimane contro il paniere delle altre principali valute questo martedì, tra le speculazioni su chi sarà il prossimo presidente della Federal Reserve.
L’indice del dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, è invariato a 93,75 alle 04:11 ET (08:11 GMT).
Ieri, il Presidente Donald Trump ha riferito ai giornalisti di essere ”davvero vicino” al prendere la decisione su chi sarà il prossimo presidente della Fed, dopo i colloqui con cinque candidati alla posizione.
Nella rosa dei candidati, l’attuale presidente della Fed Janet Yellen, il cui mandato terminerà a febbraio, il Governatore della Fed Jerome Powell, l’economista dell’Università di Stanford John Taylor, il consigliere economico di Trump Gary Cohn e l’ex Governatore della Fed Kevin Warsh.
Il dollaro sale contro lo yen, con la coppia USD/JPY su dello 0,22% a 113,68, riavvicinandosi al massimo di oltre tre mesi di ieri di 114,09.
Il dollaro è stato incoraggiato ieri dalle aspettative sulle riforme fiscali USA in seguito alle parole di domenica del Presidente Trump, che si è detto ottimista circa il fatto che il Congresso approvi un piano fiscale che lui possa firmare entro fine anno.
L’euro è stabile, con il cambio EUR/USD a 1,1756.
Dai dati di questa mattina è emerso che l’attività del settore privato della zona euro ha continuato a crescere stabilmente ad ottobre.
La sterlina è in calo, con la coppia GBP/USD a 1,3186 dopo che il vice governatore della Banca d’Inghilterra Sir Jon Cunliffe ha avvertito che con la crescita debole dell’economia britannica resta una “questione aperta” capire se la banca alzerà i costi di prestito a novembre o meno.
Intanto, il dollaro neozelandese è sceso al minimo di cinque mesi nella notte, con il cambio NZD/USD giù dello 0,55% a 0,6926.
Il “kiwi” si è indebolito nelle ultime sedute nei timori che il calo degli investimenti esteri con il nuovo governo di coalizione laburista possa pesare sulla crescita e spingere la Reserve Bank of New Zealand a mantenere i tassi ai minimi storici per un periodo più lungo.