I mercati si sono espressi ancor prima dell’ufficialità matematica: Donald Trump è il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
Tra tutte le risposte, quella del dollaro si è rivelata particolarmente marcata, dimostrando la sua forza contro quasi tutte le valute e uscendo vincitore da queste elezioni.
Mentre il Tycoon si avvicinava alla fatidica soglia dei 270 elettori, l'Indice del Dollaro è salito anche del 2% fino a 105,31. Contemporaneamente, il cambio euro/dollaro EUR/USD ha seguito il percorso inverso, cadendo verso quota 1,73. Particolarmente sotto stress il peso messicano, che è sceso ai minimi di oltre 2 anni.
Secondo Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia, questo andamento segnala “la fiducia degli investitori nella moneta statunitense come pilastro di stabilità in un momento di cambiamento politico significativo”.
Ma cosa rende il dollaro così forte, e perché la vittoria di Trump sembra averlo ulteriormente avvantaggiato sui mercati internazionali?
L’economia statunitense è in buona salute
Innanzitutto c’entra la forza dell’economia statunitense.
“Prevediamo che la crescita degli Stati Uniti raggiunga il 2,7% quest’anno, mentre potrebbe essere al massimo dell'1,2% nell'Eurozona. Il prossimo anno, la crescita degli Stati Uniti probabilmente correrà vicino al suo potenziale, intorno al 2%, mentre scenderà allo 0,7% nell’Eurozona”, rivela Sansone evidenziando come la storia dell’economia Usa sia unica in un mondo di bassa crescita. E anche se è vero che la forte resilienza dell’economia statunitense si basa su alti livelli di spesa pubblica, il deficit, che rimarrà vicino al 5-7% del PIL nei prossimi tre anni almeno, non fa paura.
“Poiché il dollaro è l'unica moneta di riserva globale, ci saranno sempre investitori stranieri pronti a comprare i titoli di stato americani”, spiega il country manager di iBanFirst.
Gli americani sono ricchi
La sorprendentemente buona salute dei consumatori americani è un altro fattore che guida la crescita. “Fondamentalmente, circa il 60-70% delle famiglie americane sono… ricche, molto ricche”, osserva Sansone.
Inoltre, aggiunge, “Secondo i dati dell'Università del Michigan, il 37% della popolazione possiede una casa del valore superiore a 500.000 dollari e il 30% della popolazione ha un portafoglio azionario che vale più di 500.000 dollari. Questo è un record”.
Wall Street domina i mercati
Altro record riguarda Wall Street. Il mercato azionario degli Stati Uniti è il mercato sviluppato con le migliori performance al mondo e ora rappresenta il 50% della capitalizzazione di mercato azionaria globale.
Numeri raggiunti grazie alla corsa delle grandi aziende tecnologiche, come Meta (NASDAQ:META), Alphabet (NASDAQ:GOOGL), Apple (NASDAQ:AAPL), NVIDIA (NASDAQ:NVDA), che stanno dominando la rivoluzione digitale e dell'intelligenza artificiale e catturano la maggior parte dei flussi di investimento.
“Esse - analizza Sansone - possiedono un vantaggio tecnologico in questo campo. E, ciò che è ancora più importante, possono contare su prezzi dell'energia bassi per condurre questa rivoluzione”. Alimentare l'IA, infatti, è un processo molto energivoro e il costo medio dell'energia negli Stati Uniti è quattro volte inferiore rispetto all'Europa che per forza di cose non può reggere il confronto in questo settore con gli Stati Uniti.
I flussi di capitale supportano il dollaro
In questo contesto, argomenta l’analista, “I surplus europei stanno andando direttamente all’economia statunitense, mentre prima restavano nel continente europeo e aiutavano le piccole e medie imprese domestiche a crescere.
In definitiva, enormi flussi di capitale stanno entrando costantemente nel mercato americano, supportando strutturalmente il tasso di cambio del dollaro”.
E per Sansone è proprio questo il principale motore della recente forza dei verdoni, con “un impatto maggiore rispetto ai differenziali sui tassi d’interesse o alla politica”.
La Fed non si farà influenzare da Trump
Per quanto riguarda il futuro, l’esperto è convinto che “la presidenza di Trump potrà avere effetti positivi sul dollaro e sugli asset sicuri, almeno nel breve periodo. La combinazione tra protezionismo, maggiore volatilità dei mercati e rischio geopolitico favorirà gli asset in dollari”.
Infine, lo sguardo non può che essere rivolto alla politica monetaria, con la banca centrale americana pronta a prendere una nuova decisione sui tassi d’interesse.
“Contrariamente al mercato - conclude Sansone -, non pensiamo che la presidenza Trump possa influenzare il ciclo di allentamento della Fed (-25 pb questa settimana). Il tasso neutrale dovrebbe essere raggiunto intorno a giugno dell'anno prossimo, in un momento in cui le politiche di Trump staranno per essere avviate”.