Investing.com - All'inizio di settembre, il dollaro USA è salito ai massimi di 20 anni rispetto a un ampio paniere di valute dei mercati avanzati ed emergenti. In particolare, ha guadagnato molto rispetto all'euro e allo yen giapponese, con il cambio EUR/USD sceso al di sotto della parità (1,00) e la coppia USD/JPY salita fino a circa 140.
Il rialzo del greenback riflette diversi fattori: come scrive Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée, la Federal Reserve degli Stati Uniti ha intrapreso un ciclo di rialzo dei tassi aggressivo e anticipato, che ha fatto schizzare in rialzo i rendimenti statunitensi a breve scadenza, importanti dal punto di vista ciclico; i tassi obbligazionari a due anni sono passati da appena lo 0,75% di inizio anno a circa il 3,50%; il dollaro si è apprezzato a seguito dell'impennata dei prezzi delle materie prime, per lo più denominate in dollari; e infine, negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno continuato a registrare una forte crescita dei posti di lavoro, che ha dato sostegno all'atteggiamento aggressivo della Fed nei confronti dei tassi.
Tuttavia, afferma Kinsella, "riteniamo che il dollaro Usa stia raggiungendo la fine della sua tendenza rialzista e potrebbe essere in procinto di toccare un massimo pluriennale".
Le ragioni sono molteplici, spiega l'esperto. "In primo luogo, la dinamica dell'inflazione statunitense sembra aver raggiunto il picco e i dati sull'inflazione congiunturale non sono più in continuo aumento e gli indicatori prospettici dell'inflazione hanno iniziato a calare".
In secondo luogo, aggiunge, la curva dei rendimenti statunitense, che cattura il rapporto tra i tassi di interesse a breve e a lungo termine, "è ora fortemente invertita", e questo è normalmente "un affidabile predittore di un'imminente recessione e il rallentamento della crescita economica statunitense normalmente frena le forze di apprezzamento del dollaro. Storicamente, l'inversione della curva dei rendimenti è un forte segnale che il dollaro sia vicino ai picchi ciclici".
In terzo luogo, le metriche di valutazione standard dimostrano che il dollaro "è decisamente sopravvalutato" e appare "incredibilmente caro". "Queste valutazioni elevate saranno difficili da giustificare in un contesto di rallentamento della crescita e delle dinamiche inflazionistiche", evidenzia l'esperto di forex di UBP.
In quarto luogo, il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti, che avrà un ruolo significativo nel determinare la velocità e l'entità del futuro deprezzamento del dollaro, è ora in procinto di raggiungere "livelli superiori ai mille miliardi di dollari".
"Si tratta di un deficit colossale da gestire in tempo di pace - spiega Kinsella - che diventerà una fonte di vulnerabilità per il dollaro nei prossimi mesi e trimestri.
In conclusione, ad UBP sono "convinti che il dollaro USA si stia avvicinando al suo picco e che probabilmente si indebolirà in misura modesta su una base ponderata verso la fine dell'anno",