Alle 03:15 ET (08:15 GMT), l’indice del dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, si attesta a 96,38, avvicinandosi ad un nuovo massimo del 2019. L’indice sale da ormai sei giorni consecutivi, l’impennata più lunga da ottobre. Contro l’euro è scambiato a 1,1336.
L’ultimo rialzo ha seguito la notizia del Wall Street Journal secondo cui è “altamente improbabile” che il Presidente Donald Trump e il Presidente Xi Jinping si incontrino per risolvere gli attriti commerciali prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi USA il 1° marzo. Queste notizie ribassiste tendono a supportare il dollaro, il cui aspetto di valuta rifugio viene alla luce quando salgono le tensioni commerciali.
Ma la forza del dollaro si registra anche in funzione della debolezza delle altre valute in questo momento, soprattutto visto che la Federal Reserve ha di fatto sospeso altri aumenti dei tassi di interesse.
“Trarremmo giovamento, e il paese trarrebbe giovamento, se ci fermassimo ed avessimo pazienza per qualche mese e ci facessimo in qualche modo da parte”, ha affermato ieri il Presidente della Fed di Dallas Robert Kaplan, uno dei membri più interventisti della banca centrale. Ha notato come lo stimolo derivante dal taglio delle tasse del 2017 stia svanendo, mentre gli aumenti dei tassi di interesse dello scorso anno stanno ancora influendo sull’economia in generale.
Questa mattina, i dati sul commercio in Germania hanno fatto eco alla debolezza degli ultimi dati, mostrando che le esportazioni sono arrivate al livello minimo in due anni a dicembre. I dati segnalano un crescente impatto della Brexit sulla principale economia europea: il calo maggiore sia delle esportazioni che delle importazioni è si è registrato con i membri dell’UE non facenti parte della zona euro, gruppo di cui il Regno Unito è senz’altro il principale.
La sterlina è scambiata in range stretto dalla conferenza stampa di ieri della Banca d’Inghilterra, quando il Governatore Mark Carney ha ribadito che il prossimo intervento sui tassi di interesse potrebbe essere al rialzo o al ribasso, a seconda degli sviluppi della Brexit.
“La Commissione di Politica Monetaria è composta da “falchi” che sarebbero a favore di un aumento se non fosse per la Brexit”, spiega l’analista di Nordea Markets Jan van Gerich in una nota.
Intanto, l’aussie crolla dopo che la Reserve Bank of Australia ha tagliato le previsioni sulla crescita. Ha registrato un tonfo di quasi il 2,5% questa settimana, con la RBA che ha abbandonato l’inasprimento sulla scia del rallentamento economico cinese.
Il dollaro è pressoché invariato contro lo yen a 109,77.
I mercati cinesi resteranno chiusi oggi per la festa del capodanno lunare.