Investing.com – L’attività economica globale continua a mostrare una ragionevole forza che allontana i rischi di recessione. Allo stesso tempo, l’inflazione sta lentamente ma progressivamente mollando la presa e la stretta monetaria di Fed e Bce sembra ormai giunta al picco, spingendo i mercati a contare le ore che ci separano dal prossimo taglio dei tassi.
“In questo scenario – osserva Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor IS -, è difficile non concludere che le cose stiano oggettivamente andando bene”. In ogni caso, sottolinea, “è importante monitorare i possibili rischi all'orizzonte”, che per l’esperto sono principalmente due: “Il primo è che le banche centrali oggi sono forse troppo accomodanti rispetto agli attuali rischi inflazionistici con possibili sorprese al rialzo dei prezzi nella seconda parte dell'anno. L'altro, in un orizzonte più a medio termine, è legato ai livelli molto elevati di debito pubblico e di deficit raggiunti in non pochi Paesi, che potrebbero portare a episodi di instabilità finanziaria”.
Partendo da questo scenario, Sanmartín giunge a tre conclusioni, con implicazioni per le nostre decisioni di investimento.
Primo: “Nel breve termine la "festa" dei mercati è destinata a continuare e, quindi, per il momento ha senso mantenere posizioni di portafoglio sufficientemente costruttive”.
Secondo: “I rischi di inflazione sono ancora più al rialzo che al ribasso ed è, quindi, consigliabile continuare a limitare il rischio di duration, evitando in particolare la parte lunga della curva”.
Terzo: “Preferiamo continuare a minimizzare l'esposizione ai titoli di Stato dei Paesi con debito pubblico e deficit elevati, privilegiando invece le posizioni di credito e, soprattutto, cercando valute che offrano livelli sostenibili di carry e che siano emesse da Paesi con un’inflazione contenuta e sostenibili dal punto di vista fiscale”.
Economia Usa verso atterraggio morbido
Sulla base delle informazioni finora disponibili per il primo trimestre dell'anno, Sanmartín vede “gli Stati Uniti crescere a tassi leggermente superiori rispetto al loro potenziale di lungo periodo. Le aspettative di inflazione dei consumatori e delle imprese statunitensi rimangono ragionevolmente ben ancorate”. L'attuale miglioramento dell'equilibrio tra domanda e offerta aggregata, unito alle aspettative di inflazione vicine all'obiettivo della Fed, per come la vede il manager “conferisce credibilità a uno scenario di un atterraggio morbido dell’economia e di una graduale moderazione dei prezzi”.
Contemporaneamente, dall’altra parte dell’Atlantico, “anche l'attività macroeconomica dell'Eurozona continua a mostrare segni di ripresa, con aspettative di inflazione ben ancorate nell'area dell'euro”.
In questo contesto, secondo l’esperto, le banche centrali potrebbero utilizzare toni troppo dovish, non prestando “sufficiente attenzione alla possibilità che i tassi neutrali siano oggi molto più alti rispetto a quanto registrato nel periodo tra la crisi finanziaria globale e la pandemia”. A sua volta, questo relativo compiacimento da parte delle banche centrali circa il grado di restrizione delle loro politiche monetarie “potrebbe portare a condizioni finanziarie più restrittive del necessario per controllare le pressioni inflazionistiche in modo duraturo”. E nel medio termine, spiega Sanmartín, “il lato più squilibrato dell'economia globale non è nei bilanci privati, ma in quelli pubblici, cosa che a un certo punto potrebbe portare a episodi di instabilità finanziaria”.
La soluzione, dunque, oltre che nella politica monetaria delle banche centrali va trovata anche in quella fiscale dei governi. Tuttavia, conclude l’economista “Il problema non è solo il numero di Paesi con un debito pubblico e un deficit strutturale molto elevati, ma la mancata disposizione di una grande parte della classe politica globale ad assumersi i costi elettorali che sarebbero prevedibilmente associati all'attuazione di programmi ambiziosi di consolidamento del bilancio”.
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