di Gavin Jones
ROMA (Reuters) - A prima vista, c'è qualcosa di strano nei dati economici italiani: per mesi la fiducia di consumatori e imprese è stata più alta che in qualsiasi altro Paese della zona euro, ma l'attività economica italiana è rimasta indietro.
La discrepanza tra dati soft e dati reali è diventata così marcata da spingere il capo economista del Tesoro a suggerire che i numeri sul Pil diffusi dall'Istat possano non riflettere il reale stato dell'economia.
Gli economisti sostengono che questa divergenza tra come viene percepito l'andamento dell'economia e i dati ufficiali difficilmente durerà ancora a lungo: o la crescita accelererà, giustificando l'ottimismo, oppure quest'ultimo si esaurirà.
"Normalmente una divergenza significativa tra livelli di fiducia e attività non dura più di due o tre trimestri", spiega l'economista di Citigroup Giada Giani.
L''Economic Sentiment Indicator' elaborato dalla Commissione Ue, che tiene conto del punto di vista di consumatori, aziende manifatturiere, dei servizi, del comparto delle costruzioni e del commercio al dettaglio, mostra che l'Italia è tra i Paesi più solidi della zona euro: l'indice relativo si è portato a 109,8 punti in dicembre, il livello più alto della zona euro dopo Spagna, Malta e Slovenia. E da febbraio scorso l'indice si mantiene sopra la media della zona euro stabilmente, con un rafforzamento continuo lungo tutto l'anno scorso. Ma nello stesso periodo la crescita economica italiana non ha mostrato analogo rafforzamento.
Ma non c'è solo il super-indice europeo: il Pmi composito (manifattura e servizi) dell'Italia è stato positivo per gran parte dello scorso anno, e il più alto della zona euro in dicembre. L'indice sulla fiducia dei consumatori dell'Istat viaggia sui massimi storici.
CALO DELLA PRODUZIONE
Purtoppo i dati reali raccontano un'altra storia: gli ultimi numeri dell'Istat hanno indicato a novembre una contrazione dello 0,5% congiunturale della produzione industriale, a fronte di attese per un lieve incremento. E ora sia l'Istat sia che Banca d'Italia stimano una crescita del Pil dello 0,2% nel quarto trimenstre, lo stesso fiacco andamento dei tre mesi precedenti.
La crescita del Pil sull'intero 2015 è vista allo 0,8%, circa la metà della media della zona euro e, con l'eccezione della Grecia, molto più bassa rispetto alle altre economie periferiche, ovvero Spagna, Portogallo e Irlanda.
"Sembra esserci un'incoerenza tra l'indicatore di fiducia della Commissione e la nostra modesta crescita", ha spiegato a Reuters il capo economista del Tesoro Riccardo Barbieri, dopo l'uscita degli ultimi dati sul Pil.
Barbieri suggerisce l'ipotesi che l'Istat utilizzi nella compilazione dei dati su produzione e Pil un campione ormai datato di imprese che non riesce a prendere in considerazione quelle nuove e più dinamiche emerse dalla lunga recessione del 2012-2014.
Interrogato sul tema, un economista della Commissione Ue, che ha chiesto di restare anonimo, sottolinea che la discrepanza tra indici di fiducia e crescita reale in Italia dipende principalmente dalla fiducia dei consumatori, mentre gli indicatori relativi a industria e servizi restano vicini alle loro medie di lungo periodo.
Il messaggio di ottimismo più volte rilanciato dal premier Matteo Renzi, insomma, ha fatto presa su molti italiani, ma da solo non risolve i problemi cronici di bassa produttività e i colli di bottiglia che gravano sulla crescita italiana da due decenni.
"Se i consumatori si rendono conto che la crescita non è così buona come si aspettano, allora avremo una correzione al ribasso della fiducia dei cosumatori e del super indice italiano nel suo complesso", spiega l'economista della Commissione.
Gian Paolo Oneto, responsabile della contabilità nazionale all'Istat, ha detto che l'istituto rivede frequentemente l'elenco delle aziende cui si rivolge per i dati relativi alla produzione industriale e che ricrea l'intero campione ogni cinque anni, in linea con la maggior parte degli altri Paesi della zona euro.
"Chiunque si occupi di statistica in modo serio deve riconoscere che esiste la possibilità di non considerare qualche stella nascente, ma che questa entrerà a far parte del campione alla peggio nel giro di 20 mesi", spiega.
"La possibilità che a ciò si possa attribuire una crescita inferiore alle attese in un dato trimestre è estremamente bassa ed è altamente improbabile che modifichi la crescita di un punto decimale".
COLLI DI BOTTIGLIA
Ma ci sono stati altri periodi in cui la crescita economica italiana non rifletteva gli indicatori.
Nel 2014 la media del Pmi composito si attestava a 51,6, decisamente sopra la soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione, ma il Pil ha mostrato una contrazione dello 0,4% nel terzo anno consecutivo di recessione.
Rob Dobson, senior economist di Markit che elabora i Pmi, sostiene che il sondaggio non considera il settore delle costruzioni, dell'energia, del dettaglio e del settore pubblico, aggiungendo che un marcato rafforzamento o una marcata debolezza in qualcuna di questa aree potrebbe essere alla base di una differenza rispetto al percorso della crescita.
Dobson spiega anche che l'indice Pmi punta a mettere in luce i cambiamenti nel ciclo delle aziende ma che il suo rapporto col Pil varia da Paese a Paese, quindi è sbagliato pensare che una data soglia nel Pmi conduca allo stesso tasso di crescita in due diverse economie.
L'economista di Deutsche Bank Marco Stringa ritiene che i colli di bottiglia strutturali dell'Italia implichino che il Paese è di fatto diventato incapace di una crescita sostenuta, nonostante il sentiment.
"L'Italia disattende da tempo le aspettative", dice. "Ogni anno la crescita italiana è al di sotto della media della zona euro, e se ci si attesta sempre sotto la media c'è un problema".