di Francesco Canepa
FRANCOFORTE (Reuters) - L'Italia è di nuovo alle prese con lo spettro del debito ora che la Banca centrale europea ha annunciato una riduzione delle misure di emergenza messe in campo contro la pandemia.
Porre un argine alla crisi economica e sanitaria è stato costoso e il debito pubblico italiano ne ha fatto le spese schizzando dal 134,8% in rapporto al Pil del 2019 al 153,5% previsto per quest'anno.
Gli acquisti Bce per 250 miliardi di euro in titoli di Stato italiani nell'ambito del programma di emergenza Pepp hanno messo un limite all'aumento dei costi di finanziamento, con il rendimento del decennale di riferimento attualmente su livelli più bassi rispetto a prima della pandemia.
Ma la prospettiva di una conclusione del Pepp a marzo ha riacceso i timori sull'Italia, la terza economia della zona euro, che ha un problema cronico di crescita e potrebbe destabilizzare l'intero blocco.
"E' probabile che i rendimenti italiani inizino a salire in modo significativo se la Bce concluderà gli acquisti di titoli italiani", osserva sul suo blog Jesper Rangvid, docente di Finanza alla Business School di Copenhagen.
"La zona euro sarebbe di nuovo nei guai".
La zona euro vede in campo anche un altro programma di acquisto titoli, meno recente e più contenuto, che potrebbe giungere a conclusione se l'inflazione dovesse stabilizzarsi sul target Bce del 2% dopo il balzo visto di recente.
Alcuni hanno addirittura evocato la crisi del debito della zona euro di un decennio fa durante la quale i rendimenti dei governativi greci, italiani, portoghesi e spagnoli erano balzati mentre gli investitori scommettevano sull'implosione della divisa unica.
Queste speculazioni sono finite quando l'allora presidente Bce Mario Draghi garantì che avrebbe fatto "tutto ciò che era necessario" per salvare l'euro.
"Se la Bce termina gli acquisti, o elimina l'impegno ad acquisti 'whatever it takes', i costi di servizio del debito saliranno di nuovo dando il via a un circolo vizioso", spiega John Cochrane, senior fellow dell'Hoover Institution di Stanford.
EFFETTO DRAGHI
Individuare una soluzione potrebbe ricadere ancora una volta su Draghi, ora premier di un'ampia coalizione.
Molto dipenderà dalla capacità dell'Italia di fare buon uso dei circa 200 miliardi di euro di fondi messi a disposizione dalla Ue fino al 2026 a patto che Roma continui a rispettare le condizioni poste da Bruxelles.
La credibilità dell'ex presidente Bce presso i mercati e a Bruxelles probabilmente sarà in grado di offrire una qualche protezione.
Tra gli altri talloni d'Achille dell'economia italiana il basso tasso di occupazione, la produttività stagnante, la carenza di investimenti in istruzione e tecnologia, una burocrazia soffocante e il divario tra Nord e Sud.
Inoltre molti ritengono che Draghi sarà presto nominato presidente della Repubblica.
"Il mio timore è che ... i partiti menino il can per l'aia e che molte riforme non siano approvate", osserva Lorenzo Codogno, ex funzionario del Tesoro attualmente alla guida di LC Macro Advisors.
CUSCINETTO
Anni di tassi di interesse bassi hanno aiutato Roma a costruirsi un cuscinetto contro le tempeste sui mercati.
L'Italia ha pagato il 4,5% del Pil per servizi sul debito nel 2007, quando il rapporto debito/Pil era al 104%, secondo i dati Ocse. Nel 2020, il costo del finanziamento è sceso al 3,3% nonostante il rapporto debito/Pil sia balzato al 156%.
Il Tesoro ha beneficiato inoltre della generosità della Bce nell'estendere la scadenza media del suo debito, proteggendosi da un'improvvisa fiammata nei rendimenti.
Questo ha ridotto l'entità dell'ostacolo che l'Italia deve eliminare per mantenere stabile il debito: ovvero che il ritmo della crescita economica nominale sia maggiore del tasso di interesse che paga.
"Non hai bisogno di un miracolo macroeconomico per ottenere un percorso stabile del debito. Ma ovviamente ti servono un po' di crescita e un po' di inflazione", commenta Dirk Schumacher, economista di banca Natixis.
"WHATEVER IT TAKES"
Ma la storia dell'Italia, fatta anche di instabilità politica e crescita anemica, suggerisce che nulla possa essere dato per certo.
Un rialzo globale dei rendimenti fa aumentare il rischio che l'impennata dei mercati globali si inverta, lasciando esposti Paesi come l'Italia.
Se questo scenario si dovesse concretizzare, gli investitori vorranno sapere se la presidente Bce Christine Lagarde sarà pronta a onorare l'impegno del suo predecessore.
"Sono fiducioso che la Bce continuerà a fare tutto ciò che sarà necessario, ancora, nel caso di una frammentazione finanziaria", dice Frederik Ducrozet, strategist di Pictet Wealth Management.
Quando l'Italia è finita sotto pressione sui mercati a inizio della pandemia, Lagarde ha detto che la Bce "non era lì per far chiudere gli spread" tra i rendimenti dei Paesi della zona euro.
Sebbene abbia prontamente posto rimedio a queste dichiarazioni, non mancarono dubbi sul suo impegno in questo senso.
"Si sente ancora l'eco sui mercati e mina la credibilità della Bce", conclude Carsten Brzeski, economista di banca Ing. "E' stato un lapsus piuttosto costoso".
- Ha contribuito Gavin Jones a Roma
(In redazione a Milano Sara Rossi, Sabina Suzzi)