di Stefano Rebaudo
MILANO (Reuters) - Il ceo di Vivendi (PA:VIV), Arnaud De Puyfontaine, diventa presidente di Telecom Italia (MI:TLIT) (Tim), un ulteriore passo del gruppo francese nella direzione strategica di Tim, che ribadisce l'impegno di lungo periodo come socio di riferimento.
L'attuale presidente, Giuseppe Recchi, passa alla vicepresidenza e incassa la fiducia di De Puyfontaine insieme all'AD Tim, Flavio Cattaneo.
Una nota del gruppo francese conferma che il nuovo presidente di Tim resta AD di Vivendi.
De Puyfontaine ottiene le stesse deleghe di Recchi esclusa la supervisione della security e di TI Sparkle, società che detiene la rete long-distance del gruppo telefonico e che tempo fa sembrava destinata allo scorporo e alla quotazione.
Negli ultimi due anni i francesi si sono mossi in modo graduale ma sempre nella stessa direzione, affermando che da Tim è possibile estrarre valore. "Il nostro progetto di sviluppo è ambizioso e nell'interesse di tutti gli azionisti" ha detto De Puyfontaine.
A fine 2015 hanno nominato quattro consiglieri espressione di Vivendi, con un nutrito gruppo di fondi che li ha sostenuti in assemblea, nonostante i proxy adviser avessero suggerito agli investitori istituzionali un voto contrario.
Hanno poi nominato De Puyfontaine vicepresidente, mossa che alcune fonti hanno subito interpretato come il primo passo verso la massima carica del gruppo.
Sono passati poi alla nomina dei due terzi del cda, ottenenedo la luce verde dell'antitrust europeo, condizionato alla sola vendita di Persidera, società di broadcasting già destinata alla dismissione che rappresenta una frazione trascurabile dei ricavi del gruppo telefonico.
Rimane il punto interrogativo sulla partecipazione pari al 29,9% dei diritti di voto di Mediaset (MI:MS), che, secondo la delibera dell'AgCom è in conflitto con quella in Tim.
Ora sembra improbabile che il gruppo francese decida di dismettere la partecipazione in Tim per andare incontro alle disposizioni dell'autorità italiana per le telecomunicazioni, ma non è scontato che allegerisca quella in Mediaset.
Il gruppo ha infatti annunciato, contro il provvedimento, un ricorso al Tar, che, secondo una fonte vicina alla vicenda, dovrebbe arrivare a breve, perché attendeva il pronunciamento dell'Unione europea.
Se Vivendi decidesse di muovere in quella direzione e ottenesse una sospensiva e una bocciatura della delibera dell'autorità delle telecomunicazioni potrebbe non essere costretta ad alleggerire la quota in Mediaset.
Vivendi argomenterà con il tribunale amministrativo che non ha il controllo della società televisiva, a causa della presenza dominante della Fininvest della famiglia Berlusconi.
Di sicuro il cammino verso la creazione di un gruppo integrato media e telecomunicazioni, cui punta il gruppo francese, non è a portata di mano e potrebbe richiedere ulteriori passaggi, non facili da gestire.