Investing.com - I futures del greggio registrano un nuovo rialzo questo martedì, dopo l’impennata dell’11% delle ultime due sedute, poiché gli investitori hanno chiuso le posizioni a prezzi più bassi dopo i dati che hanno mostrato che il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti è sceso al tasso maggiore di quasi 30 anni la scorsa settimana.
Sul New York Mercantile Exchange, il greggio con consegna a marzo ha subito un’impennata del 2,57%, o di 1,31 dollari, al massimo della seduta di 50,88 dollari al barile, il massimo del 15 gennaio, prima di attestarsi a 50,64 dollari negli scambi della mattinata europea, su di 1,07 dollari, o del 2,16%.
Ieri, i futures del greggio scambiati sulla borsa di New York hanno visto un’impennata di 1,33 dollari, o del 2,76%, a 49,57 dollari.
I futures del greggio West Texas sono schizzati di quasi il 13% nelle ultime tre sedute, compresa quella di oggi, tra i segnali che i produttori statunitensi potrebbero ridurre la produzione per reagire al calo dei prezzi.
Il prezzo del greggio USA è crollato di 5,96 dollari, o del 10,17% a gennaio, il settimo calo mensile consecutivo.
Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna a marzo è schizzato di 1,49 dollari, o del 2,72%, a 56,24 dollari al barile, dopo l’impennata di 1,73 dollari, o del 3,06%, a 56,48 dollari, il massimo dal 5 gennaio.
Ieri, il greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra ha subito un’impennata di 1,76 dollari, o del 3,32%, a 54,75 dollari.
Il prezzo del greggio Brent ha chiuso il mese di gennaio con un crollo di 5,92 dollari, o dell’8,97%, il settimo calo mensile consecutivo.
L’agenzia di ricerche del settore Baker Hughes venerdì ha dichiarato che il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti è diminuito di 94 unità, o del 7%, la scorsa settimana a 1.223 unità, il minimo dall’ottobre 2013.
Il numero degli impianti è sceso in 13 delle ultime 16 settimane dopo aver toccato il massimo storico di 1.609 a metà ottobre.
Il prezzo del greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra è sceso di circa il 60% da giugno, quando ha segnato i 116 dollari, mentre i futures del greggio WTI sono scesi di quasi il 58% dal massimo di 107,50 dollari toccato a giugno, per via della decisione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio di non tagliare la produzione, mentre negli Stati Uniti si è registrata la produzione più alta degli ultimi tre decenni, causando un eccesso delle scorte globali.